TE

A cosa è realmente dovuto il fallimento delle tecniche di fecondazione artificiale?

fecondazione assistita universitari per la vita Jul 17, 2023

In un articolo dal titolo “Fecondazione assistita e probabilità di riuscita, come funziona e perché in un caso su due l’embrione non si impianta?” apparso lo scorso 30 giugno sul Corriere della Sera, si parla di un ampio studio scientifico che pretende di aver individuato le cause del fallimento delle tecniche di fecondazione artificiale.

Per capire meglio di cosa si parla, facciamo un passo indietro e ripercorriamo brevemente in cosa consista la FIVET (Fecondazione In Vitro con Embryo Transfer), una delle tecniche di fecondazione artificiale più utilizzate.

Dapprima si somministrano alla donna ormoni che le inducono l’ovulazione. Vengono dunque prelevati gli ovociti, talvolta in sedazione profonda. Si procede poi al prelievo del gamete maschile e si prepara il campione seminale. Successivamente, si inseriscono ovulo e spermatozoi in una coltura e si attende la fecondazione. Una volta ottenuto l’embrione, viene trasferito in utero per ottenere l’impianto (G. Brambilla, Riscoprire la Bioetica, Rubbettino Editore, 2020, p. 265).

L’articolo del Corriere si apre domandandosi come mai, nella metà dei casi, un embrione, anche cromosomicamente sano, non riesce ad impiantarsi nell’utero materno dopo il trasferimento, causando “cocenti delusioni” nelle coppie, a detta dell’articolista.

Ecco la pronta risposta di Danilo Cimadomo, coordinatore del comitato scientifico della Società Italiana di Embriologia Riproduzione e Ricerca (SIERR): «Fra le caratteristiche con una maggiore influenza sul mancato impianto dell’embrione c’è l’età materna superiore ai 38 anni, l’obesità materna, i ripetuti fallimenti in precedenti tentativi […]».

Ciononostante, questa risposta appare insoddisfacente, principalmente sotto due punti di vista: uno legato alla biofisiologia della gestazione, l’altro legato alla scienza morale.

Cominciamo dal primo aspetto. Normalmente, la fecondazione avviene a livello della tuba di Falloppio, dove lo spermatozoo maschile incontra l’ovulo femminile. Dopo la fusione dei due gameti, si forma lo zigote, la prima cellula di un nuovo individuo umano. Non appena formato, la muscolatura liscia tubarica lo spinge verso l’endometrio uterino, dove avviene l’impianto embrionale e da lì, si succederanno le successive fasi dello sviluppo. Durante la finestra temporale che va dalla fecondazione all’impianto, si instaura una complessa interazione chimica tra lo zigote e la madre, chiamata “cross-talk”. Con la FIVET, dal momento che la fecondazione è extracorporea, questo non avviene. Il processo di cross-talk è stato descritto da Joseph Hill della Harvard Medical School (Maternal-embryonic cross-talk, Annals of the New York Academy of Sciences, 2001 vol. 943, pp. 17-25), il quale mostra come esso sia fondamentale per l’annidamento embrionale in utero. Se tale processo non si verifica, è altamente probabile che l’annidamento non avvenga. Dunque, senza annidamento, l’embrione non può sopravvivere.

Questo è un problema ineludibile e intrinseco alla tecnica, nel senso che non può in alcun modo essere risolto se non eliminando la FIVET stessa. Parlare di problematiche estrinseche è fuorviante e disonesto perché pur di non mettere in discussione la fecondazione artificiale, si è disposti a truccare le carte in tavola e a traslare i motivi del fallimento dalla tecnica in sé a chi vi ricorre.

Quanto al secondo aspetto, dobbiamo ricordare il ruolo della scienza morale: essa mira a definire le leggi alle quali deve conformarsi l’attività umana (R. Jolivet, Trattato di Filosofia, Tomo V, Morcelliana, Brescia, 1959, p. 11). La morale è infatti «la scienza delle leggi ideali dell’attività libera dell’uomo, in quanto tale» o anche, più esplicitamente, «è la scienza che tratta dell’uso che l’uomo deve fare della sua libertà per raggiungere il suo fine ultimo» (p. 16). Le leggi morali sono anzitutto funzione della natura dell’uomo poiché, «il fine e il bene dell’uomo, in quanto uomo, possono essere determinati soltanto in riferimento alla natura umana». Infatti, prosegue il professor Jolivet, «è evidente che le leggi della condotta saranno del tutto differenti se l’uomo sarà considerato un semplice animale o un essere dotato di anima spirituale, un essere votato all’annientamento totale oppure promesso all’immortalità» (p. 21).

Tale natura è oggettiva, in quanto data direttamente da Dio, principio e fine ultimo di tutta la creazione. Un atto umano è buono o cattivo a seconda che sia o meno conforme a questa natura.

Le tecniche di cui si sta trattando sono una precisa violazione dell’ordine voluto da Dio nella creazione (in questo caso nella pro-creazione) in quanto scindono l’atto procreativo dal fine al quale esso è preposto: la generazione di un nuovo individuo umano. Di conseguenza, esse sono contro la natura umana e la legge morale naturale che da essa deriva. Sarebbe come pretendere che una pianta, la cui natura prevede che essa abbia bisogno dell’acqua per crescere, possa svilupparsi innaffiandola con la benzina. Oppure che un’automobile possa muoversi senza carburante e con sola acqua. C’è un preciso ordine nelle cose e tale ordine deve regnare, altrimenti si genera l’anarchia.

È qui, dunque, che si deve ricercare la ragione ultima del fallimento di queste tecniche. A rigore, quand’è che una cosa “non funziona”? Quando è stata fatta per raggiungere un determinato fine e non lo raggiunge. Ciò può avvenire per due motivi principali: (a) quando la tal cosa viene volutamente utilizzata per uno scopo diverso da quello per cui è stata pensata, (b) quando intervengono fattori estrinseci e non voluti ad impedirne il corretto funzionamento. Nel caso qui trattato, l’uomo “non è fatto” per generare con la fecondazione artificiale, ma piuttosto con l’atto del coniugio. Con la FIVET si fa un uso improprio dei gameti e si cerca di instaurare un processo fisiologico (la gravidanza) privo di tutti gli elementi naturali necessari per un corretto “funzionamento”. Bisogna dunque avere il coraggio di capire che siamo nel caso (a) e non nel (b), come asserito dal Corriere. È fondamentale mettere in discussione la natura stessa della FIVET, altrimenti le conseguenze saranno ben peggiori di una “delusione cocente”.

Fonte: CR