«Andate e piacete». Parola di Zuppi, lo Zelig della Chiesa
Apr 07, 2023Radicale coi radicali e conservatore coi conservatori. All’occorrenza liberal, quando serve de sinistra, ma se c’è da parlare alle istituzioni sa essere anche un po’ di destra. Mai come nel suo caso, il nomen coincide con l’omen: in una zuppa, del resto, ci trovi un po’ di tutto. E lui rispetta come una mission il mandato datogli dal suo nome. Il cardinal arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi è il decatleta della Chiesa italiana: fa tutto, va da tutti, parla con tutti. E con ognuno di loro parla un linguaggio vicino e compiacente tanto che nessuno che lo ha avuto ospite può dire di non condividere il suo pensiero.
Mai una polemica, mai un’incomprensione, mai un titolo di giornale fuori posto, mai una parola mal digerita dall’uditorio, da qualunque uditorio, mai un politico che lo prenda di mira, anche solo di striscio. Forse sta in questo la principale differenza con il mandato paolino del farsi tutto a tutti.
Per l’apostolo delle genti l’obiettivo era guadagnare anime alla causa del Vangelo, per il presidente della Cei, sembra piuttosto quello di piacere, dialogare per il puro gusto di trovare elementi comuni. Ma, poi, per fare che?
È normale, dunque, che ad un evento organizzato da un giornale tra i più laicisti quale è il Domani, Zuppi possa parlare della legge 194, ma mica per dire che legalizza l’uccisione dei bambini, ma no! Per dire che i diritti non si toccano.
Magari che l’aborto è un delitto lo va poi a dire ad altri consessi più atti a recepire parole così dure. Poi, è lo stesso Zuppi che frequenta altri salotti di devoti dove magari si prega e si dicono cose belle per l’anima o altri giornali, anche dichiaratamente cattolici, dove - perché no? - farsi intervistare toccando altri temi, non urtanti con la linea editoriale.
Ecco, non urtare è il mandato di Zuppi. “Andate e non urticate”, “andate e dialogate”, “andate e piacete”. Perché Zuppi è così: piace alla gente che piace, ma anche a quella che vuole piacere. Sui migranti? Accogliere, ma rispettare le leggi; Sul fine vita? Non uccidere, ma neanche far soffrire; Sulla pace: niente armi, ma il diritto internazionale ha le sue regole. Concavo e convesso a seconda delle circostanze, perché sempre piatto, Zuppi è l’ospite che mancava al Costanzo Show per entrare anche nelle case dei cattolici: amico, un pezzo de pane, la pacca sulla spalla, potente e intoccabile, perfettamente a suo agio mentre parla di poveri ai lettori del miliardario De Benedetti. Che applaudono. Okkupa le chiese per servire in favor di telecamera pasti ai senza tetto e poi – di incenso e manipolo vestito - al pomeriggio va a celebrare i vespri secondo la liturgia antica. La Messa no, quello no, che poi ci sarebbe da spiegarlo al Papa, pronto col fucile puntato verso tutto ciò che è tradizione.
C’è su Facebook una gustosa pagina: Zuppi che fa cose. Lo si vede alle prese con scene di vita quotidiana, mentre fa il volontario al Dall’Ara, mentre assiste alla proiezione di un film… su se stesso, mentre firma autografi, si fa i selfie con Gianni Morandi, perfettamente a suo agio con Guccini e con Cesare Cremonini e per chi è di Bologna, la differenza tra i due la conosce anche un bambino.
Ma resta umile, lui, resta per dirla con un linguaggio molto comodo un prete di strada. Che non si offende mai, tranne quando qualcuno scrive articoli critici – come magari questo – e allora lui impara anche la funzione “blocca” di Whatsapp (vero, eminenza?).
È lo Zelig della Chiesa. Ricordate il camaleontico personaggio inventato da quel genio di Woody Allen? La sua malattia lo portava a identificarsi psicologicamente nelle persone che incontrava: nero in mezzo ai neri, dottore coi dottori, rabbino coi rabbini, Democratico con i Democratici e Repubblicano con i Repubblicani. Diventò un fenomeno da baraccone in giro per gli States che impazzivano per il suo innato camaleontismo.
Una straordinaria metafora dell’uomo che non ha in sé una personalità, che proietta su di sé l’immagine degli altri, ma che è una denuncia pungente e geniale del conformismo per antonomasia. Con la Costituzione ha un feeling particolare tanto da scrivergli una lettera accorata. Con Mattarella pure, quanti i grazie rivolti all'inquilino del Quirinale. Allineato durante la pandemia tanto da ringraziare a profusione Draghi e a fare suo il motto che il vaccino è responsabilità, ora Zuppi si rivolge alla Meloni con altrettanta gratitudine indicandole la strada del Pnrr che non va fatto sfuggire dalle mani.
Parafrasando il suo predecessore alla Cei, il cardinal Camillo Ruini, che firmò la sua “condanna” mediatica coniando la gladiatoria «meglio contestati che irrilevanti», Zuppi ha fatto sua una più cauta e remunerativa «meglio irrilevanti che contestati».
In mezzo, c’è tutto il suo stile da prete semplice e sofisticato, uno che parla di Gesù solo quando serve, mica sempre, ma solo perché anche lui in fondo un po’ divisivo lo era. Di lui si parla un gran bene nei salotti radical chic, ma anche nei sacri palazzi. Dicono che in conclave sarà protagonista. Ma non come king maker, quello è un lavoro sporco da pirati e da gregari. Meglio il velocista a cui tutti preparano la volata, per il primo premio in palio, magari da Papa. Il primo papa trasteverino dopo chissà quanti secoli, ma allo stesso tempo capace di parlare all’umanità. Col suo stile, friendly, ovviamente. Il nome c’è già: Pio Piaccio I. E sarà un successo garantito.