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Ecstasy, gli esperimenti per educare al pensiero unico

attualità la nuova bussola quotidiana mario iannaccone Jul 14, 2023

La psichiatra Harriet de Wit – esperta di condizionamento, neuroscienze comportamentali e psicofarmacologia – è convinta che esistano sostanze che possono cambiare la personalità e le idee delle persone. Su questo ha prodotto molti studi ma, in modo più semplice, ci racconta i suoi esperimenti la giornalista Rachel Nuwer su BBC News quando rievoca un esperimento avvenuto nel febbraio 2020 presso l’Università di Chicago; l’intento era capire quali potessero essere gli effetti della somministrazione della MDMA (ecstasy), o molecola simile, su personalità “autoritarie”.

La titolare della ricerca, Harriet de Wit, riferì alla Nuwer che uno dei soggetti sottoposti a quell’esperimento avrebbe confessato di essere “guarito” dalla propria personalità, una personalità che lo aveva portato ad aderire a un gruppo di “suprematisti bianchi”, definizione che unisce gruppuscoli con ideologia razzista ma anche associazioni di cristiani nonviolenti che si oppongono al politicamente corretto.

Dell’uomo che ha subito questa stupefacente trasformazione non si conosce la vera identità e dunque viene soprannominato “Brendan”. Racconta la Nuwer che lui e altri 100 membri dell’associazione Identity Europe, che difendeva il retaggio culturale europeo e cristiano degli americani, vennero presi di mira dagli attivisti di Unicorn Riot, un ben finanziato gruppo americano che considera “odio” qualunque idea non conforme alla propaganda gender e woke. Naturalmente, l’unicorno dell’associazione è ispirato al cosiddetto “Gender Unicorn” simbolo di “fluidità”.

Con il beneplacito della psichiatra, la Nuwer volle incontrare Brendan a Chicago. Timorosa di incontrare il “suprematista cristiano”, prima avvisò due amici «nel caso fosse scomparsa». Capì poi che erano paure infondate quando, salita al trentunesimo piano di un grattacielo di Chicago, si trovò di fronte a un uomo sorridente ed educato. Brendan, da minaccioso attivista “identitario”, si era trasformato in una specie di zuccheroso hippy e quando la incontrò, dopo un largo sorriso, esordì dicendo: «L’amore è la cosa più importante. Nulla ha più importanza dell’amore». Davanti a un tè e un pasticcino, raccontò quindi (come fosse una colpa), di essere cresciuto in una «famiglia cattolica di origine irlandese», un tipo di famiglia oggi sotto la mira di associazioni come Unicorn Riot. All’Università si unì a un gruppo di studenti conservatori e iniziò a leggere “libri cospirazionisti” ma anche “antisemiti” e “sessisti”. Si impegnò in attività dopo aver ascoltato Trump e la sua “retorica populista”. Soltanto allora, esposto a discorsi sull’immigrazione incontrollata, l’importanza di custodire i confini, la differenza fra maschio e femmina, divenne un “suprematista bianco” impegnandosi in volantinaggi e manifestazioni.

Andò avanti così per qualche tempo sino a quando Unicorn Riot fece attività di dossieraggio sui membri del suo piccolo gruppo esponendoli ai media e al pubblico ludibrio: era il periodo del feroce Black Lives Matter. A quel punto venne licenziato e addirittura isolato da amici e parenti, dimostrando la feroce potenza della gogna del politicamente corretto negli USA. Fu in quel periodo di crisi, all’inizio del 2020, che s’imbatté in un trafiletto che annunciava la ricerca di volontari pagati per una somministrazione farmacologica nel laboratorio della de Wit. Si presentò, riempì dei moduli, inghiottì una pillola di 110 milligrammi di MDMA. Dopo una mezz’ora di attesa iniziò a sentirsi strano, anzi bene, anzi pieno di amore e una parola sorse nella sua mente: “connessione”.

Uscito dal laboratorio della de Wit dopo aver riempito i questionari di fine esperimento, prese contatto con un membro di Chicago Antifascist Action che lavorava come agente sotto copertura di Identity Europe e gli spiegò che era cambiato, che aveva compreso di aver sbagliato. Una singola somministrazione di MDMA, dunque, lo avrebbe fatto “uscire” dalla sua educazione cattolica trasformandolo in una persona “connessa” e “piena di amore”. La Nuwer spiega che la droga era già stata usata negli anni Ottanta per “curare” persone considerate “razziste” e cita uno studio da cui risulterebbe che le persone sottoposte a questi trattamenti avrebbero una propensione tripla a donare denaro per cause filantropiche (Carsten K. et alia, The Neuropeptide Oxytocin Regulates Parochial Altruism, 11 giugno 2010). In uno studio afferma, addirittura, che le sostanze psichedeliche ed enteogene, come la MDMA, avrebbero messo “in connessione” i talebani con “il divino”…

Secondo la Nuwer, la storia di Brendan dimostra che l’MDMA può riprendere quel ruolo di “agente terapeutico” che aveva avuto negli anni Settanta-Ottanta, prima di essere criminalizzata. Questa affermazione è tipica dei fautori della Seconda Rivoluzione Psichedelica che si sta affermando negli USA. Una volta assunta, la personalità “dogmatica” può “considerare alternative” che prima non vedeva e “liberarsi” da “pregiudizio, fanatismo e odio” sperimentando “amore e connessione”. La parola “connessione” è un termine della neolingua come “resilienza” o “complottista”. La MDMA, insomma, cambia la mentalità e potrà essere usata su larga scala come “strumento terapeutico” su persone che nutrono pensieri divergenti dal politicamente corretto e giudicati “fanatici” (bigot).

Il movimento della cura farmacologica della personalità sta riprendendo forza negli Stati Uniti, in Canada e Inghilterra e c’è il timore che quelle che vengono considerate “personalità autoritarie” o “dogmatiche”, ad esempio i cristiani, possano essere in futuro sottoposte a trattamenti sanitari obbligatori. Se l’ONU, l’UNESCO o l’OMS domani considerassero il cristianesimo “divisivo” – come è già stato affermato – i credenti o anche coloro che mantengono un pensiero indipendente potranno essere soggetti a questa “terapia”. La Nuwer ricorda inoltre che molti gruppi “di destra” in Occidente sono stati trattati con MDMA e altre sostanze per “spingerli” fuori dal conservatorismo e dall’autoritarismo affinché abbraccino, scrive, «compassione, gentilezza, empatia, gratitudine, altruismo, equità, fiducia e cooperazione». Insomma, una cura farmacologica che sembra ispirata dagli studi della Scuola di Francoforte e del postmodernismo francese.

La Nuwer cita volentieri una frase dello studioso di primati Frans de Waal: «L’empatia è un’arma disponibile nel repertorio umano che può liberarci dalla maledizione della xenofobia». A questo punto, è lecito sospettare che la storia di Brendan sia inventata, esagerata, quantomeno modificata. Una favola intesa a mostrare che coloro che si oppongono alla “nuova normalità” (e magari votano Trump o candidati simili) possono essere “curati” con le sostanze opportune. Chi sia questo Brendan e se esista davvero non è dato saperlo, e che i fatti si siano verificati come ci viene raccontato è impossibile appurarlo. Questo tipo di favole, magari basate su qualcosa di parzialmente vero – l’esperimento c’è stato, ma la storia di Brendan non è documentata –, sono destinate ad aumentare per promuovere l’uso delle sostanze enteogene e psichedeliche a favore della Seconda Rivoluzione Psichedelica, a cui la “scienza” ha già assegnato precisi protocolli. Una “narrazione” pensata a favore delle nuove prigioni di rieducazione chimica.

Del resto, Rachel “Love” (sic!) Nuwer sta per pubblicare un libro che si intitola: I Feel Love: MDMA and the Quest for Connection in a Fractured World (Provo amore: l’MDMA e la ricerca della connessione in un mondo diviso), una scoperta propaganda proprio della rieducazione chimica dei nuovi dissidenti. Alzare la guardia, a questo punto, è il minimo che si possa fare.