Fra Pablo, oggi in Cielo, indica la Via ai giovani della Gmg
Aug 05, 2023«Attraverso la sofferenza nella malattia ho incontrato Dio, e attraverso la morte nella malattia andrò a Lui. E per questo lo ringrazio». Si legge così nel ricordino per il funerale di fra Pablo María de la Cruz Alonso Hidalgo, un giovane spagnolo nativo di Salamanca, morto da carmelitano, a quasi 22 anni (li avrebbe compiuti il 26 luglio), sabato 15 luglio, vigilia della Madonna del Carmelo.
Pablo aveva fatto la sua professione come carmelitano in articulo mortis, lo scorso 25 giugno, giusto tre settimane prima di tornare alla casa del Padre. Solo quattro giorni prima era stato ammesso al noviziato, dopo una cerimonia presieduta dal superiore provinciale fra Salvador Villota Herrero all’Ospedale Universitario di Salamanca.
Una vocazione, quella alla vita religiosa, a cui Pablo aveva detto più volte di sentirsi chiamato, nel periodo ricco di prove che hanno segnato gli ultimi sei anni della sua esistenza terrena, cioè da quando gli era stato diagnosticato il sarcoma di Ewing, un tumore che può interessare varie parti del corpo (specie le ossa o i tessuti molli attorno ad esse).
A Pablo sarebbe piaciuto partecipare alla Giornata mondiale della gioventù (Gmg) in corso in questi giorni a Lisbona, ma sapeva già che le sue forze non gli avrebbero permesso una presenza fisica. Lo scriveva lui stesso in una lettera a Francesco, datata 12 luglio 2023, che i suoi confratelli hanno fatto pervenire al Papa sabato scorso, per la festa di santa Marta. «Non so se, quando riceverà questa lettera, potrò accompagnarvi nella preghiera, o se Dio, nella sua infinita misericordia, mi avrà già chiamato. In tal caso, spero che Egli mi permetta di darvi una mano - e tanto meglio - dal Cielo».
Nella lettera al Papa, Pablo ripercorre quello che ha significato per lui la malattia, un’esperienza senz’altro dolorosa, che tuttavia acquista senso se vissuta alla luce del mistero della Redenzione, collaborando all’opera salvifica di Gesù. «Sono consapevole che tutto ha una ragione nel piano di Dio. Tra alti e bassi, giorni migliori e peggiori, e con molta purificazione attraverso la malattia, oggi guardo la mia vita e posso confessare che sono stato e sono felice». E questo perché, assicurava il carmelitano, «ho scoperto che il centro della mia vita non è la malattia, ma Cristo».
Questa scoperta ha condotto il giovane, che oggi immaginiamo in contemplazione del volto di Dio, a sentire l’urgenza di evangelizzare, perché anche altri comprendano le meraviglie che il Signore compie in chi lo cerca con cuore sincero: «So per esperienza che nessuno può spegnere il fuoco interiore che può avere un giovane innamorato di Gesù. Prego il Signore che questo fuoco dell’amore di Dio arda a Lisbona, e come vorrei che i giovani conoscessero Gesù, il mio Amato! Mi ha dato tanto, mi ha consolato tanto, mi ha reso così felice. Fisicamente sono senza forze, ma la comunione dei santi – aggiungeva fra Pablo – mi permetterà di partecipare con voi in modo più profondo e non meno vicino».
Sono parole che decisamente stridono con certe notizie per cui la Gmg di Lisbona sta facendo parlare di sé: dalle dichiarazioni del responsabile della Giornata, monsignor Américo Aguiar («non vogliamo convertire i giovani a Cristo»), alla presenza di padre James Martin (gesuita gay-friendly), all’idolatria dell’ambientalismo che baratta la salvezza eterna con presunte “salvezze” mondane. La parabola terrena del nostro giovane di Salamanca, nato al Cielo da carmelitano, richiama invece tutti all’esatto opposto, cioè a mettere al centro Gesù, «via, verità e vita» (Gv 14,6), in accordo alla missione che Nostro Signore stesso ha indicato e affidato alla Chiesa.
Pablo ha voluto offrire sé stesso con tre intenzioni particolari. Prima di tutto, «per la conversione dei giovani, perché incontrino l’amore di Dio attraverso Gesù Eucaristia». In secondo luogo, «per la Chiesa, nostra Madre», in particolare per la sua unità. In terzo luogo, «mi unisco alla Passione del Signore affinché l’offerta della mia povera vita (…) ci aiuti a bandire la paura della morte. Il Paradiso esiste!», scrive Pablo, che assicura a tutti, rivolgendo un pensiero particolare alle famiglie dei malati, che la vita fragile «è preziosa agli occhi di Gesù».
Il vescovo di Salamanca, mons. José Luis Retana, ha descritto in un articolo quale grazia ha sperimentato nell’andare a fare visita a Pablo prima della sua professione religiosa (presiedendo poi la relativa celebrazione eucaristica nella chiesa del Carmine de Abajo, a Salamanca). «Ci ha accolti con una gioia e una pace difficili da descrivere in un giovane di quell’età, crocifisso dalla malattia da diversi anni». Pablo, spiega ancora il vescovo, era capace di sollevare lo spirito ed evangelizzare i giovani che lo visitavano, «con il suo modo semplice e straordinario di affrontare la malattia, proteggendo il dolore dei genitori [nella foto accanto, dal sito dei Carmelitani] parlando lui stesso con i medici dopo i consulti, con l’amore per l’Eucaristia, la pace e anche la gioia di fronte alla morte, perché comprende che in essa si compie il grande disegno per cui siamo fatti».
Questi sono i frutti per chi si avvicina alla morte come ha fatto lui, in piena aderenza alla volontà di Dio. Pablo stesso ha ribadito questa verità in un breve audio, diffuso online: «Quello che vorrei comunicare è quanto sia incredibilmente bella la morte in Cristo, che è qualcosa che non fa paura, che è sorprendente, e che è un tabù che penso debba essere infranto». A un mondo che guarda alla croce come scandalo e stoltezza, Pablo rivela invece che è nel seguire il Maestro, proprio sulla via dolorosa, che l’uomo ha il centuplo già quaggiù e la beatitudine nell’eternità. Perciò aveva scelto, come suo nome religioso, fra Pablo María de la Cruz (Paolo Maria della Croce), desideroso com’era di unirsi – riferiscono i suoi confratelli – «a nostra Madre, la Vergine Maria, e a Cristo crocifisso», sapendo che «la sua unica gloria è “la croce di Cristo”». Il Paradiso esiste e Pablo ci ricorda la Via.
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