Francia nel caos: è il fallimento del laicismo repubblicano
Jul 07, 2023Dopo l'uccisione del diciassettenne Nahel nel sobborgo parigino di Nanterre, all'inizio della scorsa settimana, la Francia sta assistendo a disordini e scontri che si sono diffusi in tutto il Paese, provocando danni e violenze incalcolabili. La politica francese è totalmente polarizzata e divisa, l’Europa guarda attonita e preoccupata ma in pochi si accorgono che è il modello franco-europeo ad essere fallito tout court.
Il Presidente francese Emmanuel Macron che, a poche ore dai fatti di Nanterre, assisteva divertito al concerto di Elton John, è nel panico: prima l’appello ai genitori, poi le accuse ai social media, infine è alla ricerca nei sindaci e nelle opposizioni di un sostegno. Il fondatore e leader di La France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, insieme agli esponenti della sinistra francese, giustificano le proteste in nome della giustizia e si rifiutano di condannare le rivolte, accusando la polizia di comportamenti razzisti e violenti. La causa prima degli scontri in atto, per Mélenchon, sarebbero addirittura «i ricchi e borghesi francesi che avrebbero destabilizzato la società non volendo più vivere con gli altri. Hanno barricato i loro quartieri, i loro mezzi di trasporto, i loro ospedali». In parole povere, chi scappa per paura dalla violenza è all’origine della violenza stessa.
All’opposto, per il leader della destra identitaria Reconquête Éric Zemmour i disordini sono in realtà «una guerra civile, etnica e razziale» che deve esser sedata con ogni mezzo ed impone la decisione di chiudere le frontiere ad ogni tipo di immigrazione. L’ex Presidente François Hollande si è spinto oltre e, nella trasmissione televisiva della rete LCI di domenica 2 luglio, ha negato che esista un problema di immigrazione in Francia: «Non è un problema di immigrazione. È il nostro modello sociale che deve essere approfondito…spesso figli di immigrati di terza, quarta o quinta generazione». Invece, proprio le parole di Hollande dimostrano come le politiche di assimilazione francese degli ultimi decenni abbiano educato alla ribellione, violenze e intolleranza decine di migliaia di giovani: il fallimento del laicismo repubblicano.
L’azzerare ogni identità religiosa e culturale, in primis quella cattolica, per poter più armoniosamente imporre una omologazione ai principi rivoluzionari vuoti ed assolutamente ateisti ed individualisti, non funziona e produce danni. Ancor più, il modello francese che voleva creare una comunità civile di cittadini eguali, indipendentemente dalle posizioni sociali o economiche di partenza di ciascuno e lo voleva fare attraverso una assimilazione che imponeva la superiorità morale e culturale della République contro la cultura degli immigrati, ma anche contro la cultura cristiana della stessa nazione francese, è andato a rotoli.
Le politiche di cittadinanza particolarmente generose, anche attraverso un rapido processo di naturalizzazione, non sono servite all’integrazione. I quartieri ghetto, presenti in tutte le grandi città del paese, sono anch’essi la dimostrazione plastica dei fallimenti nei confronti di intere generazioni di migranti: dormitori, senza centri ricreativi o di socializzazione e dove la polizia deve imporre le regole civili con l’uso della forza.
Le violenze di questi giorni, seguite all’uccisione del giovane Nahel, non sono per nulla nuove e richiamano alla memoria molti fatti di cronaca che si sono susseguiti negli ultimi venti anni in Francia, a partire dal più clamoroso della rivolta delle banlieue del 2005, quando per tre lunghe settimane l’intero Paese fu sconvolto da scontri e violenze.
Da venti anni dunque i governi, soprattutto quelli socialisti (Hollande) e liberali (Macron) hanno progressivamente agito nella direzione opposta alla integrazione, demolendo addirittura non solo la coesione sociale, civile e comunitaria, attraverso la sistematica approvazione di leggi penalizzanti il matrimonio, la famiglia naturale e la natalità, ma anche la libertà educativa e scolastica anche cattolica e che è stata sottoposta a fortissimi controlli e costrizioni, pur essendo le scuole con il maggior tasso di integrazione, rispetto segregazione sociale diffusa tra le pubbliche statali.
Il fallimento dell’assimilazione francese si dimostra anche con la continua crescita delle violenze e distruzione verso i fedeli cattolici ed i loro luoghi di culto, un progressivo allarme che ha fatto ormai parlare di una cristianofobia diffusa nel territorio transalpino. L’intolleranza violenta non di rado si trasforma anche in antisemitismo e colpisce comunità e famiglie ebraiche, una componente sociale storica del paese, costretta sempre più spesso cercare rifugio in Israele. L’ideologia della inclusione a buon mercato e degli slogan vuoti sull’accoglienza sic et simpliciter o dei diritti universali, dimenticando i doveri dell’accolto, mostra da almeno venti anni, in Francia, il volto deturpato del fallimento.
Proprio venti anni orsono, sia il cardinale Giacomo Biffi, sia il vescovo Alessandro Maggiolini, avevano individuato alcuni criteri pienamente laici per valutare l’intero fenomeno dell’immigrazione e promuovere l’accoglienza dei migranti. Tra essi, il diritto a non migrare per i migranti e quello dello Stato di dover scegliere di integrare dapprima coloro che provenivano da culture cristiane, maggiormente omogenee a quelle del paese ospitante.
L’Europa e la Francia in primis scelsero invece la via della sostituzione etnica, della assimilazione omologatrice e della abiura delle proprie tradizioni e radici giudaico cristiane. Un cambiamento è possibile ma serve coraggio, realismo e determinazione per superare le immorali menzogne socialiste e liberaliste che hanno guidato e devastato questo primo quarto di secolo.