G7 e Onu premono per fare dell'aborto un "diritto umano"
Jul 04, 2023Dal G7 all'ONU, crescono le pressioni per codificare l'aborto come "diritto umano". La battaglia per la protezione della vita umana continua senza sosta in tutto il mondo e, al momento, la posizione italiana è di attesa.
Eppure la spinta è stata evidente quando l'amministrazione Biden e gli altri membri del Gruppo dei Sette (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito) hanno introdotto la «salute e i diritti sessuali e riproduttivi», un eufemismo invocato per l'aborto, oltre all'«aborto sicuro e legale e alle cure post-aborto» come parte essenziale della «copertura sanitaria universale» nel comunicato finale dei leader del G7 di Hiroshima (17-21 maggio). Nell’incontro annuale sono emerse ancora di più le priorità dei Paesi del G7 in una serie di settori, tra cui la sicurezza globale, la politica economica e, tra i diritti umani l'aborto e il matrimonio e i diritti LGBTI. Per inciso, su quest’ultimo tema dei privilegi LGBTI, ci basti ricordare le ridicole polemiche internazionali scatenate dal Primo Ministro canadese Trudeau e dal suo governo contro l’Italia ed il Presidente Meloni.
Ancor più invasive le pressioni degli Stati Uniti nei confronti del governo ospitante giapponese che è stato costretto a dibattere in Parlamento una proposta di legge a favore dei matrimoni gay proprio nei giorni del G7 e promettere di approvarla da parte della maggioranza del partito conservatore in tempi brevissimi, cosa avvenuta nei giorni scorsi. Non sono da meno le Nazioni Unite che da diversi anni stanno sempre più sfacciatamente promuovendo, senza che sia mai stato codificato a livello internazionale, l’aborto in ogni paese del mondo e attraverso qualunque strumento di intervento anche umanitario di sua competenza.
Recentemente Usa ed UE avevano tentato un blitz all’ultima conferenza sulla popolazione, l’educazione e lo sviluppo sostenibile dell’aprile scorso, di cui avevamo parlato su La Bussola. In quell’occasione, il tentativo delle delegazioni di Stati Uniti e Unione Europea di inserire, nel documento finale, la promozione della controversa «educazione sessuale onnicomprensiva», era stata sventata grazie alla opposizione di 22 Paesi (Algeria, Arabia Saudita, Bielorussia, Brunei, Camerun, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gambia, Iraq, Iran, Libia, Mali, Mauritania, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Russia, Senegal, Siria, Uganda, Yemen e Zimbabwe) che sventarono la minaccia.
Ora si sta preparando un nuovo assalto per inserire, l’aborto , salute sessuale e riproduttiva ed educazione alla contraccezione, nella Dichiarazione politica sulla copertura sanitaria universale, documento che verrà adottato dall'Assemblea generale dal 12 al 20 settembre 2023. Secondo gli esperti giuristi e avvocati pro life pro family di Adf International, sarà proprio il prossimo settembre che l’impegno di Biden e della sua Amministrazione a favore della diffusione (imposizione) del diritto universale all’aborto sarà ancor più evidente. Infatti, ha scritto l’eserto legale Rachana Chhin su Daily Signal, la rivista quotidiana on-line sostenuta dalla prestigiosa Heritage Foundation, «data l'influenza di una dichiarazione politica sulle priorità dei governi di tutto il mondo, essa rappresenta il bersaglio perfetto per cercare di ottenere un riferimento all'aborto come "diritto umano", rafforzando così la menzogna che l'uccisione della vita non ancora nata sia un diritto internazionale».
Ovviamente nessuno si oppone al miglioramento necessario dell'assistenza sanitaria in tutti i Paesi del mondo ma, includere l'aborto tra i servizi "necessari", contravverrebbe almeno al diritto sovrano degli Stati di determinare a livello nazionale l'assistenza sanitaria considerata "essenziale" nei loro Paesi. Al fianco dell'Amministrazione Biden, ahimè, non ci sono solo la gran parte dei Paesi europei, tranne Ungheria e Polonia, ma anche le Fondazioni filantropiche di Soros, Gates, Rockefeller che già controllano e finanziano, come abbiamo descritto su La Bussola, la gran parte degli Alti Rappresentanti dei diritti umani e le multinazionali dell’aborto come IPPF, Marie Stopes International, Center for Reproductive Rights etc.
Se l'aborto fosse considerato un diritto umano internazionale o comunque «essenziale» come parte della «copertura sanitaria universale», si potrebbe esercitare un'immensa pressione su tutti i Paesi del mondo affinché aboliscano, prima la criminalizzazione dell’aborto e poi annullino le norme pro life nazionali. Ricordiamoci che tutte queste azioni malvagie vengono promosse nella piena consapevolezza che non esista un "diritto umano" internazionale all'aborto. Dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, che riconosce che «ogni essere umano» ha il diritto intrinseco alla vita (art. 6.1) e proibisce agli Stati di eseguire la pena di morte su donne incinte (art. 6.4, al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, dove si afferma che «a tutti i bambini e i giovani» devono essere accordate misure speciali di protezione e assistenza (art. 10.3), alla Convenzione sui diritti del fanciullo, dove si riconosce che: «il bambino, a causa della sua immaturità fisica e mentale, ha bisogno di tutele e cure speciali, compresa un'adeguata protezione legale, sia prima [corsivo aggiunto] che dopo la nascita», non c’è prova di un diritto umano all’aborto.
La pressione di Biden, Eu, G7 e lobbies mortifere è enorme ma, per altro verso la coalizione dei Paesi della Dichiarazione di consenso di Ginevra dell'ottobre 2020 e altri Paesi africani ed asiatici continuano ad opporsi a questi tentativi di legalizzare e promuovere l’aborto. A 9 mesi dall’inizio del mandato del governo di Giorgia Meloni è legittimo chiedersi: «L’Italia rimarrà schierata con i neocolonialisti USA, EU, Lobbies ed abortisti o difenderà la vita e le competenze nazionali?».