Gesù “rigido” e peccatore, l’eresia di padre Spadaro
Aug 31, 2023Il gesuita padre Antonio Spadaro, direttore della rivista La Civiltà Cattolica, dalle colonne del Fatto quotidiano del 20 agosto scorso ci chiarisce come i nuovi dogmi della Chiesa presente – inclusione, dialogo e partecipazione, divieto di indietrismo, di clericalismo, di mondanità e di rigidità – sono così assoluti e veri, così universali e definitivi che investono la stessa figura di Gesù. La quale figura viene storicizzata, elisa dalla sua natura divina, gettata nell’immanentismo transeunte in cui tutti noi viviamo. Lo spadaro del gesuita si è dunque abbattuto anche sulla testa di Nostro Signore.
Padre Spadaro, dalle pagine del Fatto, commenta il passo del Vangelo di Matteo (15, 21-28) in cui una donna cananea chiede aiuto a Gesù perché sua figlia è tormentata dal demonio. Gesù, apparentemente, la tratta con durezza e solo dopo molte insistenze compie il miracolo. Anche i bambini sanno che la Chiesa ha sempre spiegato questo curioso approccio di Gesù in chiave pedagogica: a volte, anzi spesso, Dio non ci concede subito ciò che chiediamo – e a volte non ce lo concede proprio per il nostro maggior bene – per accrescere in noi molte virtù, in primis la fede e poi a seguire la pazienza, la perseveranza, l’umiltà, la docilità, l’obbedienza, etc.
Il direttore della Civiltà Cattolica è di diverso avviso. Gesù sarebbe «insensibile. […] La durezza del Maestro è inscalfibile. […] La misericordia non è per lei. È esclusa. Non si discute. [Gesù] risponde in maniera beffarda e irriguardosa nei confronti di quella povera donna. “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, cioè ai cani domestici. Una caduta di tono, di stile, di umanità. Gesù appare come fosse accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico», scrive padre Spadaro. Poi la donna ribatte dicendo che anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei padroni. Continua il commento del Nostro: «Poche parole, ma ben poste e tali da sconvolgere la rigidità di Gesù, da conformarlo, da “convertirlo” a sé. […] E anche Gesù appare guarito, e alla fine si mostra libero, dalla rigidità degli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo».
In sintesi, secondo padre Spadaro: Gesù ha peccato di rigidità, ma poi si è convertito ed è guarito. Quindi Gesù era un peccatore come tutti gli uomini. Questa lampante eresia così si articola in modo più analitico. Nostro Signore è insensibile e duro d’animo: addio al cuore misericordioso di Cristo che ha offerto Sé stesso per salvarci. A tutti questa misericordia è rivolta, ma non alla cananea. Gesù è beffardo, quindi manifesta scherno e derisione cinica, crudele, quasi ripugnante. Non rispetta la dignità di quella donna. Cristo è poi poco elegante, perché ha una caduta di stile, ma, quello che è più grave, manca di umanità, proprio Lui che è l’uomo perfetto, paradigma di tutta l’umanità possibile, modello a cui si è ispirato Dio per creare ciascuno di noi. Gesù ha poi bisogno anche Lui della salvezza e addirittura della conversione: dato che anch’Egli è peccatore. Peccatore e nazionalista e, aggiungiamo noi per conclusione logica, uomo di destra chiuso al multiculturalismo etnico. Non è poi libero dalle gabbie teologiche che si è costruito – Lui che, essendo Dio, è l’Onnipotente – libero dai condizionamenti dei costumi del suo tempo, dalla rigidità di una forma mentis che potremmo qualificare come affetta da clericalismo. La cananea risulta quindi migliore di Lui. Migliore di Nostro Signore.
Perché queste enormità da parte di padre Spadaro? Molte possono essere le risposte. Qui ne proponiamo due, senza presunzione che siano quelle giuste. La prima: Spadaro ha voluto, per ingraziarsi le simpatie di chi sta più in alto di lui, infilare rigidità e mancanza di misericordia anche laddove proprio è impossibile mettercele. Insomma, ha fatto scorrere il lapis con un po’ troppa disinvoltura per essere al passo con i tempi, per marciare al suono dell’ecclesialmente corretto, per decifrare il Vangelo con le parole chiave di uso quotidiano nella pastorale di oggi.
Seconda ipotesi, forse più probabile. Da qualche anno molti uomini di Chiesa ci stanno tranquillizzando sul fatto che alcune condotte morali sono inarrivabili per noi mortali: essere fedeli al proprio coniuge, essere casti se divorziati o se sposati con Gesù o se omosessuali, etc. La figura di Cristo in questo senso è scomoda. Vero è che è Dio, ma è pur sempre anche uomo. Occorre quindi abbassare l’asticella. Pensate ad un Gesù non più perfetto, ma anche lui peccatore, anzi, come si dice oggi, fragile, mosso anch’egli da passioni sregolate, duro, privo di carità, rigido, debole e dunque bisognoso di conversione. Sarebbe una "liberazione". Se anche Lui cadeva, a maggior ragione possiamo farlo tutti noi. Un Gesù come noi è dunque un efficace salvacondotto per peccare, per demolire quell’odiata dottrina cattolica che percepiamo come un peso impossibile da portare. Da «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48) a «Siate peccatori come lo sono io su questa Terra». È l’uovo di Spadaro.