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Gli effetti collaterali delle pillole contraccettive sono sempre più evidenti, per chi vuole vederli

contraccezione natalità universitari per la vita Aug 08, 2023

I risultati di uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Epidemiology and Psychiatric Science, mostrano come le donne che utilizzano i contraccettivi orali hanno un rischio del 130% di sviluppare sintomi depressivi, specialmente nei primi due anni di utilizzo (qui un riassunto dei risultati dell’articolo)

Lo studio in questione è uno dei più grandi mai realizzati, avendo coinvolto più di 250.000 donne.

I ricercatori hanno raccolto dati sull’uso di pillole contraccettive da parte delle donne sia la prima volta cui è stata diagnosticata loro la depressione sia quando hanno manifestato per la prima volta i sintomi della depressione senza ricevere una diagnosi. Il metodo contraccettivo studiato era costituito da pillole contraccettive combinate, che contengono progestinico, un composto simile all’ormone progesterone, ed estrogeni. Il progestinico impedisce l’ovulazione e ispessisce il muco cervicale per impedire agli spermatozoi di entrare nell’utero, mentre l’estrogeno assottiglia il rivestimento uterino per ostacolare l’impianto di un ovulo fecondato.

Secondo lo studio, le donne che hanno iniziato a usare contraccettivi orali da adolescenti hanno avuto un’incidenza maggiore del 130% di sintomi di depressione, mentre il corrispondente aumento tra le utilizzatrici adulte è stato del 92%. Una delle autrici dell’articolo, Therese Johansson dell’Università di Uppsala, ha dichiarato che «l’effetto potente delle pillole contraccettive sulle adolescenti può essere attribuito anche ai cambiamenti ormonali legati alla pubertà». Questo si vede anche nel fatto che le adolescenti che usano la pillola hanno un’incidenza maggiore di sintomi depressivi anche dopo aver interrotto l’assunzione della pillola, fatto che invece non si verifica nelle donne adulte.

Eppure, nonostante le evidenze, si continuano a promuovere queste pillole, con toni al limite del propagandistico. Un esempio? Così il sito Scienza in rete ha commentato la decisione dell’AIFA di non rendere gratuiti i contraccettivi orali: «Una cattiveria. Una cattiveria contro le donne, non c’è dubbio, e il loro diritto di scelta. Ma a ben vedere anche contro i loro compagni, le famiglie e la società nel suo complesso […]. La possibilità di scegliere in maniera libera, gioiosa e consapevole se e quando avviare una gravidanza è un bene per tutti, anche per chi non intende avvalersi degli strumenti oggi disponibili per pianificare una nascita, perché si tratta di un percorso che costruisce una famiglia in cui bambine e bambini vengono amati e accolti e che guarda al futuro. Al contrario, ridurre i gradi di libertà e aumentare il rischio di una gravidanza indesiderata non può che essere negativo, soprattutto per un Paese che vive una preoccupante tendenza alla denatalità».

Perché sarebbe una cattiveria contro le donne impedire loro di prendere un veleno che, oltre ad avere delle importanti ricadute di carattere morale, poiché interferisce col concepimento di una nuova vita umana, ha una serie non indifferente di effetti collaterali fisici e psicologici (qui, qui e qui)? Qual è il vero bene delle donne?

Un altro punto su cui interrogarsi è quello sui bambini “accolti e amati”: non sarebbe più corretto accogliere la vita e amare i figli senza porre condizioni? Sulla base di quali criteri si può decidere quale bambino è degno di essere accolto e quale no? Come si può pensare di combattere la denatalità favorendo metodi che concretamente impediscono ai bambini di essere concepiti e quindi di nascere?

Torna alla mente una lucidissima frase di Chesterton sul tema della sovrappopolazione:

«La risposta a chiunque parli della sovrappopolazione è chiedergli se egli fa parte della popolazione in eccedenza o, in caso contrario, come sa di non esserlo».

La mentalità contraccettiva, diffusa endemicamente nella società, continua ad essere un problema, perché stravolge l’ordine naturale della creazione. Basterebbe ripartire proprio dall’ordine insito nel creato per ridare il giusto valore e la giusta dignità alla vita umana, assumendo le opportune responsabilità. Citando il punto 10 della Humanae Vitae:

«Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è vera interprete. L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso sé stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori. Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della chiesa».