I soldi non fanno la felicità, il senso della vita sì
Mar 28, 2023Che rumore fa la felicità? Non se lo chiedono solo i Negrita nel loro brano del 2008, è la domanda eterna e universale, che non passa mai di moda ed è entrata anche in quella tendenza tutta contemporanea delle cosiddette “giornate mondiali”. C’è una giornata mondiale ormai per ogni cosa, c’è quella della lentezza, quella della gentilezza, quella della gratitudine, ma esistono anche quella del Pi greco, della posta e della zanzara, d’altra parte infiniti sono gli spunti per parlare di nulla. A guardarci dentro comunque, qualcosa di interessante ci si può comunque cavare, ed ecco che qualche giorno fa, in occasione della “giornata mondiale della felicità”, Ipsos fa sapere che uno dei fattori determinanti per sentirsi felici è … scoprire il senso della propria vita.
Abbiamo chiesto a Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, nonché grande conoscitore dell’animo umano, se è stupito di questo dato…
«Per niente. Questo dato mi riporta direttamente alle origini della Logoterapia di Viktor Frankl, uno psicologo ebreo che, durante la sua esperienza di prigionia del lager, scoprì l’importanza di uno scopo nella vita: chi sapeva per cosa vivere, sopravviveva; gli altri – nelle stesse condizioni – no. Tutta la sua successiva carriera professionale si sviluppò a partire da questa intuizione. Chiamò la sua psicoterapia Logoterapia, ossia la terapia del senso; essa consiste appunto nel dare (secondo Frankl, nello scoprire, secondo il suo maestro cattolico, Rudolf Allers) un senso nella vita.
La stessa osservazione la fece il nostro amato Giovannino Guareschi, l’autore del Mondo Piccolo di don Camillo: per sopravvivere al lager era necessario avere uno scopo, un motivo per restare in vita e non morire. Frankl si salvò per pubblicare il suo libro (poi intitolato Uno psicologo nei lager); Guareschi per la sua famiglia. Questo ci fa capire quanto sia importante che la nostra vita abbia un senso, uno scopo»
Qualcuno potrebbe dire che non trova alcun senso, nella vita…
«Nemmeno questo, ad essere sinceri, non mi stupisce. Viviamo il trionfo della modernità, ossia del materialismo e dell’edonismo. Come si può chiedere a una persona di vivere per un tatuaggio, una avventura sessuale, un viaggio? Dopo l’entusiasmo iniziale ci si trova necessariamente a fare i conti con il vuoto di senso. L’unica soluzione, per come la vedo io, è alzare la testa dal proprio ombelico (e dal proprio pube) e guardarsi intorno. Vedremo tante persone e ricorderemo quanto sono importanti le relazioni, quanto senso dia alla nostra vita la felicità altrui; vedremo il cosmo, un insieme ordinato, una meravigliosa armonia; e questo ci indurrà ad alzare lo sguardo in alto, verso il cielo, dove risiede il vero senso di tutta la nostra vita e della vita di tutti noi».
Dai dati (ma ce ne era bisogno?) ermerge una conferma dell’antico adagio per cui “i soldi fanno la felicità”, o meglio, danno l’impressione (o l’illusione?) di avere le cose sotto controllo. Che ne pensa?
«Che è, appunto, un’illusione. Certo, il mondo moderno ha solo questa carota da agitare davanti agli occhi delle persone: i soldi. Con i soldi avrai tante cose – non materiali – che fanno la felicità: sarai circondato da persone che ti ameranno, avrai una vita comoda, potrai curare ogni malattia, vincerai la morte. In poche parole: sarete come dei e non morirete affatto. Questa promessa ci ricorda qualcosa? Il fatto è che si tratta di pura illusione. In realtà non abbiamo nulla sotto controllo, nulla in nostro potere: siamo nelle mani della provvidenza divina e ce ne dimentichiamo».
Un altro dato interessante: anche se la famiglia e gli amici sono considerate tra le “fonti di felicità più diffuse”, un adulto su cinque afferma di non disporre di un sistema di supporto di amici o parenti su cui poter contare in situazioni difficili. Come è possibile?
«Non solo è possibile, ma confermo questo dato dal mio piccolo osservatorio personale (il mio studio). La famiglia è ormai sbriciolata e sono sempre di più le persone sole. Inoltre, ciò che ai vecchi come me sembra la cosa più naturale del mondo, l’amicizia, è diventata un bene raro, rarissimo. Più passano le generazioni, più soli diventiamo. Molti ragazzi non sanno nemmeno come si creano, le amicizie: ho dovuto inventarmi un metodo per aiutarli a raggiungere quel risultato. Ovvio: le relazioni non sono un bene materiale, anzi: costano. In più, per avere relazioni dobbiamo sviluppare alcune virtù come l’umiltà, la pazienza… Ma a chi importa, oggigiorno, delle virtù? Noi moderni abbiamo i “valori”…»