Il ruolo chiave dei cattolici nel governo Trump
Mar 06, 2025
L'amministrazione Trump vede una presenza massiccia di cattolici in ruoli chiave, come mai era successo prima nella Storia degli USA. E' un segno della Provvidenza?
Un segnale della Provvidenza: la nuova amministrazione Trump e il primato dei cattolici al servizio della libertà e della civiltà cristiana
C’è un fatto, in questa nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump, che non può e non deve passare sotto silenzio: mai nella storia degli Stati Uniti d’America si era vista una presenza così rilevante, in termini di qualità e quantità, di cattolici in ruoli di vertice. Non si tratta di una coincidenza, né di un semplice riequilibrio numerico: è il segno evidente che la lotta globale che stiamo vivendo — una lotta che è, prima di tutto, spirituale e antropologica — ha trovato in questa nuova compagine di governo una consapevolezza profonda delle radici cristiane, cattoliche e occidentali che vanno difese e riaffermate.
Vicepresidente è J.D. Vance, cattolico convertito, cresciuto tra le difficoltà di un’America profonda abbandonata proprio dalle élite liberal-progressiste, oggi capace di interpretare quella domanda di riscatto sociale che è anche e soprattutto un grido di dignità morale e spirituale.
Alla guida della diplomazia americana, come Segretario di Stato, troviamo Marco Rubio, un uomo che, pur immerso nelle complessità della politica internazionale, non ha mai rinnegato la sua fede cattolica né la sua appartenenza a un’America conservatrice, fondata sulla difesa della vita e della famiglia.
Nel cruciale Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani è stato nominato Robert F. Kennedy Jr., erede di una delle più note famiglie cattoliche d’America, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti civili e nella denuncia delle distorsioni del potere globalista. La sua presenza è particolarmente significativa: in un settore in cui la bioetica e la tutela della vita sono costantemente sotto attacco, la voce di un cattolico radicato non è solo una garanzia, ma un presidio morale.
Alla guida della CIA, nell’ombra necessaria dei servizi segreti, c’è John Ratcliffe, anch’egli cattolico, già noto per la sua strenua difesa dei valori tradizionali e della sovranità americana, in un mondo in cui intelligence e guerra culturale sono ormai profondamente intrecciate.
Alla rappresentanza USA presso l’ONU è stata chiamata Elise Stefanik, cattolica convinta, che avrà l’arduo compito di portare nel cuore delle istituzioni internazionali quella voce alternativa che l’ONU cerca sistematicamente di soffocare: la voce della legge naturale, della dignità della persona, della libertà dei popoli e della difesa della famiglia.
E infine, accanto al Presidente, come First Lady, c’è Melania Trump, donna di fede cattolica, di origini europee, portatrice di una sensibilità che ha radici nelle tradizioni culturali e spirituali dell’Europa centrale, oggi travolta dall’ideologia nichilista e anticristiana delle élite eurocratiche.
Non è un caso. Non è un’anomalia. È il segno che, in questa fase storica, la Provvidenza ha voluto suscitare una leva di cattolici non modernisti — e questo è essenziale sottolinearlo — nella posizione di maggiore responsabilità nella più potente nazione del mondo. Non modernisti, perché qui non parliamo di quei cattolici di nome e non di fatto, che hanno svenduto la dottrina per rincorrere le mode culturali del tempo; parliamo di uomini e donne che, pur con tutti i limiti personali, condividono la consapevolezza che la battaglia in corso è, prima di tutto, una battaglia per la difesa della civiltà cristiana e dell’ordine naturale stabilito dal Creatore.
Con questa squadra, Trump non si limita a sfidare i suoi avversari politici interni. Mette in discussione, frontalmente, il cuore stesso dell’agenda globalista apolide e progressista, che come ben ha ricordato pochi giorni fa anche il Cardinale Gerhard Müller in una lucida intervista, è per sua natura atea, anticattolica e profondamente nemica dell’ordine divino e della dignità dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio.
Il globalismo progressista non è solo una corrente politica. È una visione del mondo che pretende di cancellare le differenze tra i popoli, annullare le identità culturali, negare le radici cristiane dell’Occidente e ridurre l’uomo a semplice consumatore sradicato, privo di appartenenza, privo di memoria e privo di speranza. È la perfetta antitesi di quanto il Magistero autentico della Chiesa ci insegna, dalla Dottrina Sociale fino alle encicliche più recenti che condannano ogni forma di relativismo e di nichilismo.
In questo senso, la presenza di una così significativa compagine cattolica nel cuore dell’amministrazione americana è motivo di profondo compiacimento. Non perché ci illudiamo che la politica possa risolvere tutti i problemi, né che basti essere battezzati per fare il bene; ma perché sappiamo che una visione del mondo radicata nella fede cattolica è oggi la migliore garanzia per restituire alla politica la sua vera funzione: servire il bene comune, rispettare la legge naturale, difendere la vita, la famiglia e la libertà dei popoli.
Nel tempo della grande apostasia, mentre in Europa le classi dirigenti calpestano ogni residuo di sovranità, di identità e di verità, è consolante sapere che dall’altra parte dell’oceano c’è una leva di cattolici che non si vergognano della loro fede e che, anzi, la portano con sé nel cuore delle istituzioni. Sarà una battaglia lunga e difficile, ma almeno sappiamo che non siamo soli.
Che la Vergine Immacolata protegga e guidi questi uomini e queste donne, e che il loro esempio sia di sprono per tutti noi, qui in Europa, a rialzare la testa e a ritrovare l’orgoglio di essere cattolici, europei e liberi.
Davide Lovat