Il verde suicidio economico dell'Europa
Apr 20, 2023In pochi giorni, l’Europa sta cambiando volto, sta diventando verde. Ma non è detto che sia un colorito sano.
Sabato, la Germania ha chiuso le sue ultime tre centrali nucleari. Secondo i sondaggi, la maggioranza dei tedeschi era contraria. Ma una promessa è una promessa e la chiusura delle ultime centrali è il culmine di un programma di de-nuclearizzazione iniziato dal governo Schroeder nei primi anni 2000, rilanciato dal governo Merkel dopo il disastro di Fukushima nel 2011 ed ora è il cavallo di battaglia dei Verdi, da cui dipende la sopravvivenza dell’attuale governo Scholtz. L’evento è stato salutato da manifestazioni degli ecologisti a Berlino e a Kiel.
Senza l’energia nucleare la Germania dovrà fare affidamento sempre più sulle fonti rinnovabili e sulle vecchie centrali termiche ancora attive. Attualmente, la “locomotiva d’Europa” è quella che consuma più carbone: quasi un terzo del fabbisogno energetico. Il carbone è completamente incompatibile con gli obiettivi europei di de-carbonizzazione, per cui per il prossimo futuro i tedeschi dovranno fare affidamento solo sulle rinnovabili e, se resta nella tassonomia europea, anche sul gas di importazione. Schroeder aveva fatto affidamento sull’importazione stabile di gas dalla Russia. Non per caso è stato successivamente invitato a far parte del consiglio di Gazprom, il colosso statale energetico russo. Ma adesso lo scenario è decisamente cambiato, la Germania sa che non può più far affidamento sulla Russia, nemmeno dopo la guerra in Ucraina, comunque si concluda.
Sarà possibile alimentare la prima potenza industriale europea solo con le rinnovabili? Salvo miracoli tecnologici nel prossimo futuro, la risposta è: no. Regioni altamente urbanizzate e industrializzate come la California, che per prima ha puntato sulle rinnovabili, dimostrano quante difficoltà (black out soprattutto) si incontreranno, se ci si affida ad un’energia incostante.
Ieri, invece, è iniziata la trattativa del trilogo europeo (Commissione, Consiglio e Parlamento dell’Ue) per mettere a punto la direttiva sulle case green. Secondo le anticipazioni, gli Stati si dovranno fare garanti del rispetto degli obiettivi. E quindi saranno previste anche punizioni? Probabilmente sì, lo sapremo solo l’estate prossima quando si prevede che sarà pronta la versione finale. Per ora, in base alla bozza votata dal Parlamento europeo il 14 marzo, tutti gli edifici dovranno essere in classe energetica E entro il 2030. E tutti dovranno essere in classe D entro il 2033, per poi raggiungere la neutralità assoluta delle emissioni entro il 2050. Le scadenze per gli immobili privati, già molto ravvicinate, sono ancora più strette per quelli pubblici: rispettivamente il 2027 e il 2030. In Italia, si calcola, devono essere “riqualificati” circa 10 milioni di edifici.
I sostenitori della direttiva affermano che saranno previsti solo incentivi, ma non punizioni. Ma l’effetto dell’annuncio della direttiva già si vede nel mercato immobiliare. I dieci milioni di edifici che dovranno essere riqualificati inevitabilmente perderanno di valore. Nel terzo trimestre del 2022 le compravendite immobiliari sono in calo: -2,7% rispetto al trimestre precedente e -1% su base annua. Le convenzioni notarili di compravendita di unità immobiliari sono diminuite, così come le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni legate all’acquisto di immobili (-5,5% rispetto al trimestre precedente). Secondo l’analisi di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, non è solo l’inflazione a far male al mercato, ma anche la paura della nuova direttiva.
Anche qui: l’Italia può permettersi di applicare una direttiva che abbatte il valore del mattone, quello in cui gli italiani investono i loro risparmi? Siamo un popolo di proprietari di case che vivono in edifici storici, anche molto antichi. E l’Italia non è certamente l’unico Paese dell’Ue a trovarsi in questa condizione. Ad essere esclusi dalla direttiva sono gli edifici ufficialmente protetti in virtù dell'appartenenza a determinate aree o del loro particolare valore architettonico o storico. Ma in Italia è difficile trovare qualche edificio che non sia anagraficamente “storico”.
Sbalordisce sempre l’effetto controproducente di queste politiche della transizione verde, per la lotta al cambiamento climatico. Avremo una Germania senza energia e gli italiani senza casa. Giusto per impoverirci ancora un po’ di più. Da questo si capisce che queste scelte non sono compiute in base a criteri economici e neppure razionali. Non c’è alcun vantaggio strategico da sfruttare, attuando queste politiche. Regaleremo il vantaggio ad altri concorrenti, alla Cina prima di tutto, maggior fornitrice delle materie prime utili per la transizione verde. Si tratta di politiche che sfuggono anche alla loro stessa logica: se l’obiettivo è ridurre drasticamente le emissioni di CO2, perché non costruire più centrali nucleari, che sono a zero emissioni?
Non c’è una risposta razionale, appunto. C’è solo una risposta emotiva di chi teme che la fine del mondo sia vicina e occorra, per scongiurarla, cambiare radicalmente la nostra vita quotidiana. Si sta perseguendo una politica che è alimentata da un’angoscia esistenziale che spinge al suicidio, anche in senso fisico, non solo economico. Il 29 marzo, Theo Khelfoune Ferreras, 19 anni, attivista inglese di Greenpeace, non ha retto il pensiero del disastro climatico prossimo venturo e si è suicidato.