L’eterno parassita velenoso che si chiama gnosi
Mar 08, 2023Quando una società si smarrisce e perde il suo slancio vitale, la cultura solleva problemi esistenziali ai quali non sa rispondere e la religione perde la sua autorevolezza e quindi la sua presa sulle masse, insomma quando va in crisi un intero modello di civiltà, allora un grosso parassita si fa strada, nutrendosi di tutto ciò che sta andando in putrefazione e di tutte le ansie, i dubbi, i timori che non trovano più un ragionevole orizzonte di speranza e di rinnovato amore per la vita: il parassita dell’eterna gnosi.
La gnosi non è una religione, ma ne usurpa le funzioni; non è una filosofia, ma si spaccia per tale. Della religione possiede l’aspirazione al divino, alla filosofia somiglia per l’esigenza di rigore intellettuale nella ricerca del verro. Ma si tratta di somiglianze puramente esteriori, pur se tali da confondere e ingannare molti. Non basta aspirare al divino: bisogna cercarlo nella maniera giusta, e con la giusta disposizione di spirito.
La disposizione dello gnostico somiglia alquanto a quella del mago: non è un Dio creatore, ontologicamente diverso dall’uomo, dispensatore delle grazie necessarie a conoscerlo agli uomini di buona volontà; è un dio minore, simile all’uomo, anzi in ultima analisi è l’uomo stesso, partecipe della medesima sostanza divina; ed è un dio che si può conoscere perfettamente, strappandogli i suoi segreti, mediante una conoscenza specifica, indipendentemente dalla Sua volontà: dunque quasi proprio un sottoposto, che si evoca a piacere e che si “oltrepassa” (un tipico verbo gnostico, guarda caso essenziale nel vocabolario hegeliano) allorché ci si pone decisamente sulla via iniziatica.
E non è neppure sufficiente l’esigenza del rigore intellettuale: perché se quel rigore si applica in maniera incongrua e nella sede sbagliata; se pretende di dettare l’agenda a Dio e di spiegare ciò che Dio è meglio di quanto sia dato all’uomo dalla Rivelazione stessa, e con una ragione naturale che delira perché si crede da più di Colui che ha fatto la natura, allora siamo in presenza di una cattiva, anzi di una pessima filosofia, che di filosofico in effetti non ha più nulla, ma solo l’ambizione (smodata e disordinata) di voler spiegare tutto, ma dandosi da sé stessa, soggettivamente, i propri fondamenti e le proprie modalità di ragionamento.
In questo senso, la Cabala è il perfetto esempio della dismisura gnostica: da un lato essa denuncia la pretesa di un sapere iniziatico che conduce alla conoscenza “vera”, superiore a quella dei comuni mortali, senza bisogno di una illuminazione all’alto, anzi nella convinzione di poter giungere ad una auto-illuminazione che sciolga ogni incertezza; dall’altro la pretesa, parimenti assurda e sacrilega, di arrivare a conoscere i nomi e i volti di Dio, e di Farlo operare in proprio favore, indipendentemente dalla Sua stessa volontà, invertendo il giusto Rapporto fra la creatura ed il Creatore.
Osservano a questo proposito H. Cornélis ed A. Léonard nella loro sintetica ma efficace monografia La gnosi eterna (titolo originale: La gnose éternelle, Paris, Fayard, 1959; traduzione dal francese di E. Martinetto, Catania, Edizioni Paoline, 1961, pp. 161-164):
Ieri come oggi, la gnosi più che una creazione originale appare un sincretismo di elementi preesistenti ed eterogenei, che manca di unità interiore sia sul piano religioso sia sul piano filosofico.
La gnosi, a dire il vero, non è una religione né una filosofia. Essa si sviluppa soprattutto in epoche in cui gli uomini hanno perso ogni fiducia nelle religioni tradizionali, senza trovare una risposta pienamente soddisfacente al mistero dell’esistenza nelle filosofie puramente razionali. Al riguardo, l’attrattiva dei nostri contemporanei verso certe forme di sapienza gnostica è sintomatica
Noi viviamo in un’epoca in cui La critica storica, filosofica, economico-sociale ha deprezzato agli occhi di molti spiriti il valore e l’efficacia delle religioni ufficiali.
Gli sforzi dell’incredulità, da Voltaire agli eredi di Marx passando attraverso Renan, hanno certamente portato i loro frutti. Ma, d’altra parte, le filosofie superbamente razionaliste si sono ben presto dimostrate molto scarse, assai inefficaci e profondamente insufficienti davanti all’esperienza umana del male, del dolore e della lotta. Ci si metterà dunque alla ricerca di una sapienza di vita integrale e globale che possa offrire una appagazione [sic] e offrire una speranza di salvezza alle nuove forme dell’angoscia umana. Ma questa sapienza non è né la fede considerata come tropo semplicistica, né la ragione troppo debole, che potranno procurarla, ma sarà una superconoscenza, principio divino nell’uomo, di cui egli possiede una perfetta padronanza.
La gnosi, come questa parola indica, è una conoscenza, ma una conoscenza che scruta i misteri nascosti, con caratteri particolarissimi, che balzeranno immediatamente agli occhi se la paragoniamo con la fede. Del resto, la gnosi si è costituita molto spesso in opposizione alla fede. «Per lo gnostico tipico, scrive C. H. Dodd, la gnosi è una conoscenza quasi scientifica di quel mondo dell’essere che trascende ogni esperienza umana (…), conoscenza comunicata in termini mitologici e che l’anima praticamente può utilizzare quando lascia il corpo». (…). Anche la fede è una conoscenza, «una convinzione di cose che non si vedono» (Ebr. 11,1), ma una conoscenza non soggetta né all’evidenza intellettuale né all’immaginazione creatrice, né all’esperienza psicologica, essa non è “scientifica”.È invece l’illuminazione dello spirito creato da parte dello Spirito increato.Suppone dunque una grazia di Dio e un’obbedienza recettiva nell’uomo. La fede non è una conquista della mente, il prodotto di un’arrogante autonomia, ma un dono ricevuto nell’amore.
La grandezza e il rischio della fede consistono nell’impegnare tutta la vita dell’uomo, mediante un atto libero inseparabile dalla speranza e dal’amore, su una parola di Dio assoluta, che è essa pure sommamente libera né soggetta alle manipolazioni umane. Indubbiamente anche la gnosi rivendica a sé rivelazioni e ispirazioni divine, ma soltanto per ritoccarle, modificarle, “capirle”, superarle in una conoscenza trascendente, ove intervengono, con gli stessi titoli dell’illuminazione divina la filosofia, l’esperienza o la mitologia.
La rivelazione divina è invece superiore a tutte, dipende dallo Spirito di Dio e manifesta le profondità di Dio attraverso i suoi interventi nella storia. «Lo Spirito penetra tutte le cose, anche le profondità di Dio. E infatti chi tra gli uomini conosce le cose dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche le cose divine nessun altro fuor che lo Spirito di Dio. E noi non lo spirito del mondo abbiamo ricevuto, ma lo Spirito che vien da Dio, affinché conosciamo le cose da Dio a noi gratuitamente donate» (1 Cor 2,10-12). Le rivelazioni gnostiche, si vantino di essere originali o siano soltanto un plagio, restano sempre relative. Lo spirito dell’uomo vi assoggetta lo Spirito di Dio, e conseguentemente, più che le profondità di Dio, esse svelano quelle dell’uomo, essendo le prime inaccessibili alla ragione o all’esperienza.
La tentazione gnostica tipica consiste nel far predominare la conoscenza (“Erkenntnis”) o l’esperienza (“Erlebnis”) sulla rivelazione e sulla fede che sola può raggiungerla nella sua originalità specifica.
Esiste sempre un “superamento” dell’accettazione pura e semplice del dono divino. Così lo gnostico pretende di conoscere Dio meglio che Dio conosca se stesso, il che denuncia una deficienza fondamentale nel suo atteggiamento religioso, che resta diretto dall’orgoglio intellettuale o dall’istinto di dominazione magica. Altra conseguenza, lo gnostico spesso è costretto, in un modo o nell’altro, a identificare il proprio spirito con lo Spirito divino.
D’altra parte, quando la gnosi s’insinua con successo nelle pieghe di una società malata, occupando lo spazio intellettuale e spirituale che si è reso vacante, ciò attesta senza possibilità di dubbio che la filosofia ha smesso di fare il suo dovere, cioè di lavorare bene, e che la religione, dal suo canto, quanto meno nelle forme organizzate, ha perso la capacità di parlare alla gente e di offrire un sistema di vita organico e rasserenante, che sappia dare delle risposte convincenti e soprattutto che sappia indicare un orizzonte di speranza. Se la filosofia fa il suo dovere, se cerca il vero e mostra che esso esiste, anziché promuovere il nichilismo attraverso le varie forme del cosiddetto pensiero debole; e se i fedeli, e specialmente il clero, trasmettono le verità eterne del Vangelo, senza tradirle con dei compromessi volti ad “accontentare” lo spirito del mondo, che non viene certo da Dio, ma da qualcun altro, la gnosi non trova un terreno favorevole e non riesce ad uscire dalla cerchia ristretta di qualche gruppetto allucinato di esoteristi, seguaci d’uno spiritualismo senza trascendenza né umiltà. Gruppi marginali che sono sempre esistiti e probabilmente esisteranno sempre, poiché la pretesa dell’uomo di oltrepassare il proprio statuto ontologico e di farsi il dio di se stesso è antica quanto il Peccato originale.
C’è poi un altro aspetto del quale bisogna tener conto.
La gnosi è l’espressione dell’eterna tentazione dell’uomo di essere da più del proprio statuto ontologico, dunque di un uomo che aspira alla potenza. E che cosa esprime al massimo grado la volontà di potenza, nella civiltà moderna, se non la scienza? Non la scienza in sé; non la scienza contemplativa e disinteressata degli antichi e dei medievali: ma la scienza moderna, concepita e costruita come un macchina da guerra per dare l’assalto ai segreti della natura, per forzarla a rivelare i suoi tesori, insomma per ridurla in schiavitù e moltiplicare le forze dell’uomo, affinché questi possa conoscere e dominare sempre più, conoscere PER dominare (knowledge is power, teorizzava Francis Bacon), senza sosta, molto al di là di qualunque ragionevole bisogno, al di là di quanto l’apprendista stregone possa padroneggiare. Si è dunque formata una convergenza naturale (o innaturale ma predestinata: fate voi) fra la gnosi e la scienza: la gnosi, sempre alla ricerca di un dio di suo gusto, non ha esitato a mettere la scienza sugli altari, per venerarla e tributarle onori e sacrifici (anche umani, come nel caso dei nascituri uccisi e smembrati per generare profitti); e la scienza moderna, conscia, in fondo, di essere null’altro che una macchina da guerra senz’anima, concepita per fare la guerra contro tutto e tutti, così, senza un perché, addirittura senza un reale vantaggio, ma altrettanto bisognosa di trovare una nuova religione capace di nobilitarla, d’innalzarla e perfino di spiritualizzarla, ben s’intende alla sua maniera. E questa nuova religione è appunto la gnosi.
Si tratta, in realtà, di una commedia degli equivoci, o meglio degl’inganni, dal momento che né l’una, né l’altra possono darsi ciò che vicendevolmente desiderano: la scienza moderna perché un’anima non la può semplicemente prendere a prestito, così, come se fosse un impermeabile da indossare; e la gnosi perché, non essendo in realtà una religione, ma una contraffazione luciferina della religione, è costretta a spacciarsi per ciò che non è, o a pescare nel torbido dei sincretismi (vedi gli incontri di Astana), dei falsi ecumenismi e degli ambigui dialoghi interreligiosi, sfruttando la smania di un clero apostatico che non vede l’ora di riguadagnare il tempo perduto sul quadrante della modernità (cardinale Martini) svendendo la vera religione, la sua liturgia, la sua dottrina, a prezzi di liquidazione. Oggi più che mai gli scienziati pensano, parlano e – ahimè – decidono come se fossero preti, teologi o inquisitori di una nuova religione; e i preti, i vescovi e i cardinali pensano, parlano e agiscono come se fossero gnostici. Ma forse sarebbe più giusto dire che i nuovi sacerdoti e inquisitori si comportano da scienziati, ma senza esserlo; mentre i nuovi gnostici si comportano da preti e vescovi, naturalmente recitando una triste commedia. Né gli uni né gli altri fanno il proprio mestiere, meno ancora si mostrano per ciò che sono. E benché la finzione sia sotto gli occhi di tutti, come pure lo sono i tristi frutti che la gnosi scientista (o lo scientismo gnostico) sta causando, e le ferite sanguinose che sta aprendo nel corpo sociale, pure bisogna rispettare la serietà del copione; e guai a chi osa denunciare la truffa! Immediatamente decine di cani da guardia e servi prezzolati gli si gettano addosso, lo coprono d’insulti; e, se non basta, ci pensano le autorità a punire lo scellerato coi rigori della legge.
Esiste una via d’uscita da un simile vicolo cieco? Possiamo immaginare una strategia per far cadere i muri della prigione e far entrare l’aria pura in questa atmosfera chiusa, asfittica, resa pestilenziale dai ricatti e dalle menzogne? Sì, perché i muri sono fradici di muffa e basta una spinta per farli crollare; quanto alle carene che ci legano, le chiavi sono pur sempre in mano nostra, perché volontariamente ci siamo fatti incatenare e dipende da noi riprenderci la libertà perduta. Ad una condizione: che mostriamo d’aver imparato dalle nostre colpe e confessiamo: Abbà, Padre, perdono!