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La morte ti fa bella: considerazioni sul suicidio assistito dei pazienti psichiatrici

paolo azzone spirito di veritĂ  tv May 04, 2023

Si parla da tempo di una legge che consenta di agevolare il suicidio di chi desidera porre termine alla sua vita. La procedura è già ampiamente diffusa nei paesi di tradizione protestante e viene sempre più estesa: anziani, adulti, e ora anche bambini e malati di mente.  Le recenti prese di posizione di monsignor Paglia, presidente delle Pontificia Accademia per la Vita, hanno attirato l’attenzione dei media e dei fedeli perché sembrano introdurre una certa tolleranza della Chiesa Cattolica verso il suicidio e verso la politica di esplicita promozione della morte di altri esseri umani. 

Come psichiatra mi confronto con il suicidio ormai da quarant’anni e sono molto preoccupato per i nuovi orientamenti che si fanno largo nei media e ora nella Chiesa. Vorrei perciò condividere alcune riflessioni  nate da una notizia di stampa incontrata qualche mese fa. 

Sul sito de Il Corriere della Sera del 10 ottobre scorso noto la foto di una giovane donna su una spiaggia. Un ampio sorriso. Momenti di benessere e possibile felicità. Accanto alla foto il titolo: “ha scelto l’eutanasia”. Resto stupefatto: la ragazza è morta. E’ stata uccisa da operatori sanitari sulla base della normativa Belga per i pazienti con istinti suicidi. In quel paese, medici appositamente addestrati forniscono a questi disgraziati tutti gli strumenti per portare a termine il loro folle gesto.

E dico folle perché la ragazza era nota per un grave disturbo psichiatrico. E’ del tutto escluso che potesse esprimere un qualsivoglia volontà libera. 

Il titolo aggiunge un altro particolare. La ragazza è sopravvissuta ad un attentato terroristico 5 anni fa. Il dettaglio sembra implicare una relazione causale. La colpa è dei soliti dei terroristi. Che altro dovrebbe fare un cittadino onesto dopo un attentato, se non ammazzarsi? 

Su questa vicenda La Repubblica intervista il prof. Claudio Mencacci, anziano luminare della psichiatria italiana. Il clinico manifesta un certo disagio. Precisa che  “La depressione è una malattia spesso guaribile ed è sempre curabile”. Aggiunge che: “Una persona che ha un’ideazione suicidaria non può essere considerata nella piena facoltà delle sue scelte”. 

Insomma il professore è contrariato. L’eliminazione dei pazienti psichiatrici e l’attuazione diretta e concreta delle loro fantasie malate lo lasciano perplesso. “Non siamo mai alla fine, ci sono tante possibilità e credo che avere una legislazione troppo ampia e permissiva come in Belgio non sia la soluzione più efficace”.

Non è la soluzione più efficace? Tutto qua? Insomma, l’uccisione di un essere umano malato ci lascia solo un po’ di amaro in bocca. Contempliamo oggi la fine della psichiatria. Si rivela una disciplina medica che non è nemmeno in grado di insorgere per salvare la vita dei malati che ad essa sono affidati.

Uno psichiatra impara presto che è impossibile impedire di togliersi la vita a chi lo desideri veramente. Suicidi avvengono purtroppo anche nei reparti di psichiatria, nonostante la più attenta sorveglianza e le precauzioni tecniche più accurate. 

Comunicare a un clinico il proprio desiderio di morte è qualcosa di completamente diverso. Quante volte un paziente mi ha chiesto di aiutarlo a morire? Una provocazione, una domanda di aiuto, nulla di più. Di fatto l’esperienza clinica dimostra che una presa in carico adeguata riduce il rischio di suicidio quasi a zero. Di fronte ad una giovane che è tormentata da impulsi suicidi basta davvero molto poco: un trattamento farmacologico o psicoterapeutico, altre volte un percorso comunitario. 

Torno alla foto della povera Shanti De Cortes. La bellezza e la morte. La bellezza ed il suicidio. Mi rendo conto  solo ora che la foto ed il titolo non hanno finalità informative. Davanti a me ho un piccolo capolavoro di pubblicità: la morte non è poi così male, la affrontiamo con un sorriso giovanile. 

L’articolo de La Repubblica specifica che il Belgio ha “una tra le legislazioni più aperte al mondo sulla questione del fine vita”. Mencacci parla di una legislazione “permissiva”. Ma certo, la morte è uno spasso, è il supremo godimento. La morte è glamour. Forse è l’unica cosa che il potere può oggi offrire a noi cittadini inutili e costosi. 

Letture consigliate

Azzone P. (2013) Depression as a Psychoanalytic Problem. University Press of America, Lanham, MD.