Omo e transessualismo? Una questione filosofica
Aug 23, 2023È ancora diffuso il luogo comune secondo cui la filosofia serva a ben poco. Invece molti guai nell’impostazione dei problemi sociali e in particolare delle questioni antropologiche e di genere derivano da una carente o errata impostazione filosofica. Anche se chi fa questi errori non sa di farli, avendo ormai assunto per osmosi inavvertita un modo di pensare diffuso che ha diluito l’errore filosofico originario in gocce da prendere ogni giorno prima e dopo i pasti. Un esempio molto attuale è dato dai concetti di essenza e di esistenza, tra i quali la filosofia classica e cristiana ha sempre distinto, mentre oggi, specialmente quando ci si occupa di genere, omosessualimo e transessualismo, non si distingue più, facendo coincidere l’essenza con l’esistenza. Per esempio, questo è successo di recente quando il quotidiano cattolico “Avvenire”, in un testo di Luciano Moia di cui la Bussola si è già interessata [QUI e QUI], ha sostenuto che «l’orientamento sessuale, quando profondamente radicato, è parte costitutiva della personalità individuale». In questo modo si è sostenuto che l’orientamento omosessuale, e di conseguenza anche tutti gli altri orientamenti sessuali che oggi emergono come i funghi dopo un temporale, da fatto legato all’esistenza diventa costitutivo dell’essenza della persona, sicché avere la tendenza omosessuale è componente essenziale dell’essere uomo, una inclinazione naturale.
La posizione è insostenibile perché quanto appartiene all’essenza dell’uomo deve essere proprio di tutti gli uomini e non solo di alcuni di essi. Un carattere essenziale non può essere accidentale, legato alle circostanze, come accade nella dimensione esistenziale. La tendenza omosessuale, appunto, è solo di alcuni e quindi ha un carattere occasionale e legato a particolari situazioni, non ha carattere di universalità come accade invece per altre caratteristiche umane come l’intelligenza o la libertà, queste sì che sono essenziali.
A questo si potrebbe controbattere dicendo che, dal punto di vista di chi ha una tendenza omosessuale, anche l’orientamento eterosessuale è solo di alcuni e non universale. E qui si vede appunto la mancanza dello sguardo metafisico che svela l’essenza. Sarebbe come dire che chi è in coma non è intelligente, che chi è in prigione non è più libero, che chi ha un orientamento omosessuale non è eterosessuale: sul piano esistenziale sì, ma sul piano dell’essenza no, chi è in coma continua a dessere essenzialmente intelligente, chi è in prigione continua ad essere essenzialmente libero, e anche l’omosessuale è essenzialmente un eterosessuale, solo che qualche impedimento innaturale si è messo in mezzo a creare difficoltà e ad impedire all’atto primo di diventare atto secondo. Se viene meno la distinzione tra essenza ed esistenza, si attribuirà alla sola esistenza il compito di dirci cosa sia l’uomo e chi sia uomo, ma a quel punto tutte le situazioni esistenziali saranno considerate pienamente umane, senza più alcun criterio.
A questo errore aveva cercato di mettere rimedio il vescovo José Ignacio Munilla durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona. In una catechesi ai giovani che ha suscitato vasta eco, egli ha detto che “Dio ci ha creati bene. Dio non sbaglia. Nessuno nasce in un corpo sbagliato”. Egli si riferiva all’essenza, che per l’uomo riguarda anima e corpo, parlava del “corpo essenziale” e non del “corpo esistenziale”. Sicché quando tra i due si nota una discrasia bisogna lavorare per correggere il corpo esistenziale al fine di renderlo conforme al corpo essenziale. Da qui la corretta impostazione morale dell’omosessualismo o del transgenderismo per i quali oggi si tende a procedere in senso opposto, considerando corpo essenziale il corpo esistenziale. L’espressione “Nessuno nasce in un corpo sbagliato” potrebbe essere intesa come una della serie “Dio ci ama così come siamo”: se sei omosessuale vuol dire che Dio ti ha creato così e quindi vuole che tu sia così. Questo errore diventa possibile dimenticando il riferimento all’essenza, ma viene subito corretto se si distingue tra essenza ed esistenza.
Jean Paul Sartre scriveva nel libro “L’esistenzialismo è un umanesimo” (1946) che “l’esistenza prevede l’essenza”. Cornelio Fabro gli rispondeva nel 1952 nel libro “Tra Kierkegaard e Marx” che “È l’essenza che deve precedere l’esistenza”. L’uomo essenziale ha delle esigenze proprie a cui l’uomo esistenziale dovrebbe adattarsi e non viceversa. Certo, se non c’è una essenza non c’è normatività e quindi si pensa di essere totalmente liberi, ma questa libertà si riduce – è sempre Fabro a dirlo – “alla percezione della pressione esteriore, con l’istante temporale del fenomeno attuale”.
Cosa succede se si dimentica l’essenza? Quello che abbiamo visto nel campo del genere si estende a tutte le dimensioni della vita: “Se non ci sono più essenze, allora ci sono solo esistenze che il tempo muove e rapina con sé”. Quanto in ogni istante c’è di effettuale è anche vero e buono, l’essere si riduce a tempo, ma il tempo passa e quindi l’essere si riduce a nulla.