Roma, dopo l'incidente la barbarie della gogna mediatica
Jun 29, 2023La Nuova Bussola si è già occupata dell’incidente di Casal Palocco; diversi lettori, tuttavia, sono rimasti colpiti dalle reazioni emerse dai social media. C’è chi banalizza l’accaduto, il solito «Sò rragazzi...»; ma c’è anche chi ha minacciato di morte il guidatore della Lamborghini e chi non ha risparmiato improperi di ogni tipo per suo padre, appassionato di Ferrari. Insomma: pare piaccia l’ergersi a giudice; ovviamente di chi è già caduto in disgrazia (un tempo, questa cosa si chiamava «Maramaldeggiare»). E che giudice: inflessibile, severissimo, giacobino. Ogni volta che qualcuno ne combina, sui social si scatena il tribunale del popolo.
Fenomeno, questo, affatto nuovo e del tutto anticristiano. Il Vangelo, infatti, ammonisce: «Non giudicate, per non essere giudicati»; e aggiunge: «perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati». Inoltre: «Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello».
Ma se proprio non vogliamo scomodare il Signore, basterebbe la vecchia buona educazione, che consiste semplicemente nel mettersi nei panni degli altri. Se avessi combinato tu un guaio del genere, come vorresti essere trattato?
Ma tutto questo è passato, non si usa più. C’è un fenomeno sociale che, secondo me, ha incentivato questa tendenza al processo popolare sommario. Nel 1988 nasceva Striscia la Notizia di Antonio Ricci, striscia d’informazione dall’apparenza scanzonata, in realtà una vera e propria gogna mediatica; nel vero senso della parola. Stessa cosa per Le Iene, importato in Italia nel 1997 e anch’esso con un piccolo cimitero dietro l’angolo: questo (clicca qui) il caso più clamoroso, ma non dimentichiamo che questa trasmissione ha colpito anche diversi sacerdoti cattolici.
La derisione, l’imbarazzo, il montaggio tendenzioso, ma ancor di più le finte risate di sottofondo e la solita risposta: «Non c'è alcuna colpa da parte nostra, quindi non abbiamo nulla da dire». Vite rovinate per ottenere un servizio televisivo del quale, dopo tre giorni, nessuno si ricorda. A Milano si chiama «sputtanamento»; se politicamente scorretto, «macchina del fango».
È questo il meccanismo che spinge la gente, seduta in poltrona mentre addenta un bignè o in mutande al computer a stabilire che questo o quello merita la gogna e, perché no, la morte. Lo dice il Gabibbo che è un delinquente, non importa se non ha avuto un processo e la possibilità di difendersi. Le Iene lo inseguono, lo incalzano mettendo in piazza la sua vita: quindi se lo merita. Mentre un poveretto viene beccato in un momento drammatico partono le risate registrate: è il segnale per il lancio dei pomodori. Ovviamente, questo modo becero di fare «informazione» è stato imitato da diversi improvvisati «giornalisti d’assalto» che non meritano nemmeno di essere nominati.
Viviamo nell’epoca delle comunicazioni di massa e ancora non ci rendiamo conto della loro potenza, della loro capacità di plasmare atteggiamenti e comportamenti collettivi, delle strategie di comunicazione e manipolazione che ogni giorno vengono utilizzate dai media. Eppure, 1984 di George Orwell, con i «5 minuti d’odio», dovrebbero averlo letto tutti...
Registro, di passaggio, che la stessa cosa avveniva a Parigi durante il Terrore; o nella Russia di Stalin; o anche in Italia immediatamente dopo il 25 aprile. Periodicamente la barbarie, la fame di sangue, lo schiacciamento del debole solo perché è debole, riemergono nei periodi più oscuri della storia. La civiltà è nata e ha camminato lungo i secoli accompagnata dal giusto processo, dal rispetto dell’imputato, del diritto di difesa. Ora siamo tornati ai processi di piazza, alla folla che chiede sangue; e più ne ha, più ne chiede.
Che fare? Ovviamente, urge l’evangelizzazione dell’Europa. Tuttavia questa impresa, apparentemente disperata, richiede secoli se non millenni. Nel frattempo, che fare? Buttare la televisione. Lo so, lo so: la vostra è sempre spenta, non la guardate mai o, al massimo, ci guardate il Giro d’Italia. Datemi retta: buttatela. Mi ringrazierete.
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