Se la scuola insegna la bellezza di vivere
Apr 24, 2023C’era una volta a scuola il precetto pasquale. L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Pasqua le scuole coi loro docenti portavano i ragazzi in Chiesa per farsi la confessione e la comunione. Non era la preistoria, questa pratica era in uso nella scuola media unificata nel fatidico ’68. Poi la scuola si è evoluta, si è emancipata, non ha più precettato i ragazzi ad andare in Chiesa per la Santa Pasqua. Adesso, come sapete, indurre i bambini a pregare in classe è compiere atti osceni in luogo pubblico, corruzione, plagio e abuso di minori, istigazione alla prostituzione religiosa.
Perché non si può spiegare diversamente la punizione di venti giorni d’allontanamento dalla scuola, con relativa decurtazione dello stipendio, per quell’insegnante sarda, Marisa Francescangeli che aveva recitato in classe un Ave Maria e un Pater noster con i suoi allievi, nei giorni che precedono la Pasqua. Con l’aggravante di aver fabbricato armi pericolose in classe, come il rosario. La maestra delinquente e corruttrice pensava di non aver fatto nulla di male, e tuttavia si era scusata con due mamme che avevano protestato per l’orrendo plagio dei loro bambini. Ma ciononostante, il preside, seguendo la protesta delle due inflessibili mamme, addette alla vigilanza democratica, l’ha punita come meritava… La nuova bestemmia in aula è nominare Dio e la Madonna, la nuova pornografia da punire è la preghiera in classe, perché offenderebbe i laici, i non credenti, i credenti in altre religioni e perché violenterebbe i minori, istigandoli alla fede e al rispetto delle tradizioni religiose. Che perversione, una porcheria… Se per sventura e superstizione sei credente, tieniti la fede per te, non esibirla, non contagiarla. Quel che un tempo si applicava alla sfera sessuale oggi si applica alla religione: puoi esibire le tue preferenze sessuali e anche praticarle in pubblico; devi invece nascondere la tua fede, praticarla in bagno, come un deplorevole onanismo, e comunque mai sotto gli occhi altrui, soprattutto se minori. Vai nelle catacombe, se proprio ti scappa di pregare.
Siccome siamo a Pasqua, anziché indignarmi, vorrei vedere il lato positivo della vicenda, il bicchiere mezzo pieno: l’iniziativa di quell’insegnante e la solidarietà che poi ha avuto da molti genitori degli altri bambini, che non hanno ravvisato nulla di losco e di negativo nella preghiera in classe. E la convinzione che se si facesse un sondaggio tra la gente, nonostante il pressing ideologico intimidatorio, la maggioranza sarebbe con l’insegnante e non col picchetto cristofobico.
Ma a rendere migliore la Pasqua c’è anche l’esempio di un’altra insegnante. Un esempio laico, stavolta. Una maestra di Firenze, Morgana d’Ascenzo, nella scuola elementare Vittorio Veneto, nell’ultimo giorno di scuola prima delle festività pasquali, ha dato come compito per le vacanze ai bambini una lista lunghissima scritta a mano con bella grafia. Ha prescritto i seguenti compiti: “divertirsi e giocare, stare con le famiglie, approfondire le conoscenze delle tradizioni pasquali, fare qualcosa di bello e gentile, leggere libri e fumetti, cercare uova e mangiarne tante, osservare la bellezza del cielo e della natura, alzando di tanto in tanto gli occhi con profondo stupore; cantare e ascoltare musica, ricordarsi di dire spesso grazie e tante parole gentili: non abbiate mai paura di essere banali”. Ma questa non è la scuola, è la vita, direte voi. E se siete un po’ avanti negli anni riterrete che è un po’ la scoperta dell’acqua calda, sono ovvietà che non hanno bisogno di insegnanti e soprattutto di essere considerate come compiti a casa. Ma non avete fatto i conti, come invece li ha fatti la Maestra Morgana, con il presente.
Alcune cose che ci sembrano scontate e naturali, non lo sono più affatto. Provate a far alzare gli occhi dagli smartphone e dai giochini ai bambini, provate a farli leggere, a contemplare la bellezza della natura, a guardare il cielo, a provare stupore, a conoscere addirittura le tradizioni religiose, a cantare, a essere grati e gentili, e ad apprezzare le cose che vi sembrano automatiche, di default, direbbero i ragazzini più grandi. Insomma, provate a farli rientrare nella realtà, a dare valore alle cose semplici e belle di ogni giorno, a cercare e mangiarsi un uovo di gallina. E’ un invito a riprendere l’ordinario gusto della vita, consono all’età di un bambino e alle sua curiosità. A capire il senso della bellezza, fare comunità, essere felici in famiglia, riconoscere il mondo della natura e non solo quello della tecnologia. A smanettare sui telefonini sono bravi tutti, i bambini; provate a riportarli alla natura, alle galline, al cielo e alla terra, ai legami veri, alla storia del passato, alla storia sacra e alle sue tradizioni. Una lezione di ritorno alla realtà, alla natura e alla vita vera. Quella vista a occhio nudo, a mente viva, a cuore aperto, con l’olfatto, il gusto e i sensi naturali di cui disponiamo e che rischiamo di atrofizzare nel giro di una o due generazioni.
Anche qui c’è qualcosa di offensivo verso la modernità e le minoranze? C’è razzismo, omofobia, discriminazione religiosa, oscurantismo? Si può amare la propria famiglia, anche se è composta da mamma e babbo, fratello e sorella, nonno e nonna, e perfino zie e zii? Il profumo della realtà, l’odore delle cose semplici e vere, da che mondo è mondo…Non ha fatto nulla di epico, di eroico, di sorprendente la Maestra Morgana, stavo per dire la Fata Morgana. Ha semplicemente detto ai suoi alunni di riprendere il loro mestiere di bambini. Che è il più bello, e il più difficile. Perché tocca loro capire la vita, conoscere chi sei, da dove vieni, cos’è il mondo che ti circonda, e vivere di conseguenza, dicendo grazie e sorridendo gentilmente a chi ti vuole bene, o anche a chi hai appena conosciuto. La vita è una sorpresa, bambini, e non sta dentro un uovo di cioccolata.