Suetta: «La cultura nichilista confonde delitti e diritti»
May 25, 2023In un tempo in cui molti uomini di Chiesa sostengono come verità morali l’omosessualità, la transessualità, l’aborto e l’eutanasia, spicca come rosa nel deserto la Giornata Studio su temi di etica e bioetica organizzata dalla Diocesi di Ventimiglia San Remo per il prossimo 3 giugno in cui tematiche come l’aborto, la fecondazione artificiale e l’eutanasia saranno trattate alla luce della sana dottrina cattolica e con metodo scientifico libero da qualsiasi interesse ideologico. Interverranno molti illustri ospiti: tra tutti ricordiamo il cardinale Willem Jacobus Eijk.
Per approfondire i contenuti e il taglio di questa giornata studio, abbiamo deciso di rivolgere alcune domande a mons. Antonio Suetta, vescovo della diocesi di Ventimiglia San Remo.
Nel convegno organizzato dalla Sua diocesi si parlerà soprattutto di aborto, fecondazione artificiale ed eutanasia. A parte forse l'ultimo argomento, gli altri due non sono un po' fuori moda?
I numeri del ricorso all’aborto, praticato e promosso nel mondo come mezzo di controllo delle nascite e come vessillo di emancipazione femminile, e la diffusione della pratica della fecondazione artificiale tristemente ora anche connessa con il commercio dei bambini per coppie omosessuali, rendono drammaticamente attuale e urgente la necessità di riproporre la verità della visione cristiana sul mistero e il dono della vita e richiedono il ritorno ad una sana riflessione antropologica e filosofica sulla dignità della vita umana e sulla sua indisponibilità rispetto a pretese e falsi diritti.
Non pochi cattolici o sedicenti tali ricorrono all'aborto, alla fecondazione artificiale e mostrano simpatie anche verso l'eutanasia. Cosa è successo e cosa sta succedendo in casa cattolica?
Si tratta di gravissimi delitti contro la vita nel suo inizio e nel suo spegnersi: la cultura contemporanea, imbevuta di relativismo morale e di tragico nichilismo, li propina come se fossero diritti individuali ineludibili e addirittura li promuove come conquiste di civiltà in nome di un concetto di libertà assoluta e sganciata da ogni riferimento alla verità dell’uomo.
La pervasiva diffusione di una mentalità del genere purtroppo sembra inquinare sempre di più la coscienza di molti che si professano cattolici passando attraverso una malintesa pratica del dialogo e soprattutto basandosi sulla convinzione che, in materia morale, la volontà o la necessità del singolo prevalga sul principio e sulla norma e che, di conseguenza, la coscienza personale sia una sorta di arbitro assoluto del bene e del male. Passa, purtroppo anche negli intellettuali e nei politici cristiani, la persuasione che lo Stato non possa e non debba recepire norme etiche, ritenute puramente confessionali, su tali materie, lasciando ai singoli cittadini la possibilità di determinare la propria condotta.
Si tratta ovviamente di un’ideologia radicalmente insana e disumana, che purtroppo trova spazio anche nella riflessione teologica e nella prassi pastorale; ciò è dovuto principalmente all’abbandono di uno studio serio della filosofia classica e tomista come strumento indispensabile per fare buona teologia e viene agevolato da una sempre più scarsa propensione a correggere gli errori da parte di molti pastori, nella falsa illusione che ponendo l’accento su tematiche maggiormente condivise possa condurre, alla fine, anche ad un recupero di principi assoluti oggi meno evidenti per la mentalità comune.
Un altro aspetto, molto più insidioso e neppure troppo latente anche in scuole di pensiero morale e teologico, è rappresentato dal convincimento circa la possibilità o addirittura la necessità di superare una concezione dell’uomo circoscritta da principi filosofici ed etici connessi alla sua stessa natura per sposare una visione antropologica che consideri fluido il concetto stesso di natura e che imponga di riconoscere un’evoluzione anche per quanto riguarda la dottrina morale e più ancora, in ultima istanza, l’autentico destino dell’uomo limitandolo ad un orizzonte terreno in cui prevalga il benessere del momento piuttosto che la vera felicità.
Molti non sanno che i metodi naturali gestiti tramite la cosiddetta acquisizione consapevole della fertilità (Fertilty Awareness) porta risultati se non maggiori almeno pari alle tecniche di fecondazione extracorporea (cfr. M. Cusinato - S. Girotto, Gestione della fertilità e infertilità umana, C.G. Edizioni Medico Scientifiche, Torino 2019). Come si spiega questa congiura del silenzio?
Non si deve peccare di ingenuità e occorre superare l’idea che in questa materia, come d’altronde in molti altri ambiti, le condotte sbagliate dipendano soltanto da ignoranza o da circostanze contingenti. Questo magari può succedere per il cosiddetto “utente finale”. In realtà la deriva oggi clamorosamente esplosa e dilagante, viene da lontano e precisamente dai presupposti e dagli sviluppi della rivoluzione sessuale.
Si è trattato – e si tratta ancora – di un movimento ideologico che utilizza la destrutturazione antropologica come mezzo e soprattutto come fine. Non è corretto imputare quanto accade soltanto ad una negativa conseguenza di opportunità tecnologiche inconsiderate, a portata di mano e – non sempre in verità – a buon mercato; si tratta piuttosto di un piano, teologicamente diabolico, che pretende di elaborare una nuova forma di umanità, libera a parole ma, in realtà, in mano a pochi e con l’unica ragione di un esagerato profitto.
Qui vedo la ragione per cui potenti lobby mondiali di fatto orientino potentemente la scienza e la politica con la forza o meglio con il ricatto del denaro. Alla fine si tratta di un mercato spinto da forze economiche, che da esso si alimentano a spese dei più poveri e di molti tenuti schiavi dell’ignoranza. Per questo la predicazione del “vangelo della vita” è la più vera e profonda opera di liberazione per l’uomo di oggi e di sempre.
Cosa consiglierebbe ad una donna che ha una gravidanza indesiderata? E ad una coppia che non riesce ad avere figli?
Credo che una paziente e fiduciosa lettura delle circostanze della vita, unita ad un umile riferimento ai sani principi fondanti la bontà e la verità dell’esistenza, possano condurre a considerare opportuna e giusta la decisione di non forzare nessun passaggio della vita per quanto oscuro e faticoso, soprattutto in considerazione che la soppressione o la manipolazione della vita di un altro essere umano non rappresenta mai un’autentica via d’uscita.
Chiaramente una tale visione esistenziale è meglio sostenuta e illuminata dalla fede e dalla carità ecclesiale che da essa si origina. La forza della preghiera, il sostegno dei fratelli e la sincera ricerca della volontà di Dio conducono a sperimentare la realtà delle parole del Siracide: «lotta sino alla morte per la verità e il Signore Dio combatterà per te» (4, 28).