Suicidio assistito, la cultura della morte (ri)colpisce in Veneto
Jul 28, 2023Cronaca di una morte più che annunciata. A giugno avevamo scritto che la signora Gloria, nome di fantasia, paziente oncologica di 78 anni, aveva chiesto di morire tramite la pratica dell’aiuto al suicidio resa legittima dalla sentenza n. 242/19 della Corte Costituzionale (qui un approfondimento).
Domenica mattina è morta, però secondo i crismi della legge, ossia iniettandosi un preparato letale fornitole dall’azienda sanitaria, ormai somigliante ad un’azienda di pompe funebri. La procedura eutanasica è stata supervisionata dal dottor Mario Riccio, lo stesso che aiutò a morire Piergiorgio Welby nel 2006. A testimonianza che l’anticultura della morte stenta per fortuna a prendere piede nel nostro Paese (numeri irrisori per i sottoscrittori delle DAT) e laddove si fanno dei passi in avanti gli attori sono sempre gli stessi. Il contagio sociale pro-eutanasia finora non c’è stato, ma segnali di accelerazioni sono tangibili e il sottobosco è molto secco, ossia la coscienza collettiva è generalmente orientata in senso favorevole verso le pratiche eutanasiche: basterà un fiammifero e l’incendio divamperà
Dunque la signora Gloria è la seconda persona in Veneto e la quarta in Italia che muore per suicidio assistito a motivo dell’accoppiata Consulta – Associazione Luca Coscioni. Gli immarcescibili Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, hanno dichiarato: «Le è stata risparmiata una fine che non avrebbe voluto, grazie alle regole stabilite dalla Consulta e grazie alla correttezza e all’umanità del sistema sanitario veneto e delle istituzioni regionali presiedute da Luca Zaia. E grazie anche a Fabiano Antoniani, Davide Trentini e alle nostre azioni di disobbedienza civile che hanno portato i tribunali a intervenire e la Corte Costituzionale a emanare la sentenza che oggi ha permesso che fosse rispettata la scelta di “Gloria”. La legge regionale Liberi Subito appena depositata aiuterà questa regione a fornire in tempi brevi risposte e piena assistenza a chi effettua, in determinate condizioni di salute e piena assistenza di cura, scelte precise di fine vita».
La Regione retta dal governatore Zaia si sta impegnando in prima linea a favorire l’eutanasia. Paolo Gulisano, da queste stesse colonne, ricordava che il Consiglio regionale del Veneto ha approvato una mozione del Movimento 5 Stelle in cui si impegna la Giunta a trovare percorsi idonei a favore di chi chiede l’eutanasia. Inoltre, come rammentato da Gallo e Cappato, una legge pro-eutanasia è stata depositata in Regione e non si intravedono grossi ostacoli al suo varo, sebbene tale materia dovrebbe essere appannaggio dello Stato e non delle Regioni. Ma si sa che simili questioni diventano subito meri vizi formali, sanabili con un po’ di ideologia.
La spinta verso la fossa o verso il forno crematorio impressa da Zaia è stata presa a modello, seppur in termini e modalità differenti, da molte altre Regioni: Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, Basilicata, Lazio, Sardegna, Puglia e Marche. Anche in queste Regioni i venti eutanasici iniziano a spirare forte, chiedendo leggi regionali per uccidere le persone. Il Parlamento fino a quando resisterà a tale pressing psicologico?
Zaia è l’ultimo in ordine di tempo tra i leader di destra che pensa e agisce come i colleghi di sinistra. Meloni, Roccella, Salvini hanno dato prova dell’esistenza di un fatto: di non negoziabile rimane solo il consenso elettorale. Su tutto il resto si può scendere a compromessi (clicca qui, qui e qui). La cultura modernista, progressista e secolarizzata è ormai triste patrimonio condiviso da tutto lo schieramento parlamentare. Un nichilismo trasversale. Nei leader di destra appare solo con toni più slavati, ma la radice ideologica, le premesse di principio sono le medesime.